Odorisio: «Finalmente sdoganato dalla Rai»
Domenica e lunedì Rai Uno trasmetterà in prima serata la sua nuova fiction «Mio figlio» con Lando Buzzanca. «Per dieci anni sono stato emarginato dalla Rai, subendo la stessa sorte di Buzzanca. Non so per quale ragione, non mi hanno mai detto il motivo». È amareggiato Luciano Odorisio, ma non per questo meno combattivo del solito. Uno dei nostri registi più apprezzati anche all'estero, vincitore del Leone D'oro a Venezia nel 1982 per «Sciopen» giudicata miglior opera prima, all'attivo una lunga serie di premi e riconoscimenti per opere cinematografiche e televisive, non vuole però buttarla in politica. Anche lei emarginato perchè di destra? «Senta, io non voglio assolutamente rendere pubblica la mia fede politica. Non mi interessa. So solo che non ero benvoluto dalla passata gestione e grazie ad Agostino Saccà, dopo 10 anni, posso di nuovo lavorare in Rai, dove ho praticamente iniziato la mia carriera nel 1980». Come vi siete incontrati con Buzzanca? «Saccà che era a conoscenza del progetto di Lando di realizzare una storia su un padre che viene a sapere di avere un figlio gay, ci ha fatti incontrare. È scattato subito il feeling. Qualche tempo dopo, leggendo la sceneggiatura che avevo scritto, ci siamo commossi ed abbracciati. Era come la voleva». Un commissario di polizia che scopre di avere un figlio omosessuale. Si è ispirato ad un fatto reale? «Alla vicenda vissuta da un mio amico e ad un episodio del quale da piccolo sono stato testimone, riproposto interamente nella fiction». A febbraio uscirà nelle sale la sua ultima fatica «Guardiani delle nuvole» con un cast d'eccezione che vede attori del calibro di Alessandro Gassman, Claudia Gerini, Anna Galiena, Franco Nero, Leo Gullotta ed un insolito Carlo Buccirosso in un ruolo drammatico. «L'uscita è stata rimandata così tante volte che spero questa sia quella buona». Eppure, si è rivelato un film molto amato... «Guardi, non è solo un mio problema. Ci sono un sacco di pellicole italiane che hanno difficoltà ad uscire». Perchè? «Credo che lo Stato oltre a dare soldi per realizzarli debba anche pensare alla loro distribuzione». Cosa racconta «Guardiani delle nuvole»? «L'epopea violenta di una famiglia di caprai nelle campagne napoletane a cavallo degli anni '50, nel momento in cui le società agricole e pastorali a carattere patriarcale scompaiono con tutto il loro patrimonio di storia e cultura popolare, soppiantate dal progresso industriale. Un capitolo poco noto della nostra storia, raccontato con passione e forti sentimenti, tratto dall'omonimo romanzo di Angelo Cannavacciuolo, che ha collaborato con me alla sceneggiatura».