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L'ASTRO CHE GUIDÒ IL CAMMINO

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Guardate Machholz, somiglia alla Cometa

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Hanno proprio ragione, quelli della Lega: e ci torneremo. Ad esempio, le Processioni della Stella, così frequenti in area lombarda e così care ai nostri vecchi, quando i doni di Natale e dell'Epifania li portavano Gesù Bambino e i Magi, e non l'insulso Papà Natale vestito con i colori della Coca-Cola e grottesco stravolgimento del santo vescovo Nicola (giustamente venerato peraltro nel nord d'Europa, per quanto il centro del suo culto sia tra Grecia, Russia e Puglia) o quella vecchia strega della Befana, prestata dalle tradizioni di fine inverno o d'inizio di quaresima. Ma questa Stella delle nostre processioni - che poi, fateci caso, non è originariamente mai figurata come una cometa - che cos'è? Da dove viene? Ecco una bella storia, che vale la pena di esser raccontata per l'Epifania. Un elemento che potrebbe concorrere a determinare la "storicità" dei magi è proprio la stella. Trattandone, il Vangelo di Matteo confermava un dato veterotestamentario: in Numeri, 24, 17, si parla di una "stella" che "sorge da Giacobbe". Al riguardo, e col rischio di deludere o di frustrare qualche amante della tradizione, va detto comunque che il segnale celeste che accompagnò i magi non era molto probabilmente una cometa. Nessuno l'ha mai descritto così fin ai primi del Trecento. A giudicare da quel che si dice dell'astro, e scartando le ipotesi più improbabili (si è parlato perfino di astronavi e di extraterrestri...), è si può dir impossibile che si sia pensato a una cometa nella logica di quel tempo: la cometa indicava senza dubbio mutamenti, ma era considerata un segno quasi universalmente infausto. È impossibile che un evangelista l'abbia inserita nel suo racconto. L'astro, o la luce, o il corpo celeste descritto nel testo evangelico fa piuttosto pensare a quel fenomeno astrale (la luce di un'esplosione che raggiunge la terra anche migliaia di anni-luce dopo l'avvenimento) che gli astronomi definiscono "supernova". Più probabile ancora è che si sia trattato di una "congiunzione", cioè dell'allineamento rispetto alla terra di due o più corpi astrali, che produce l'effetto di un'accumulazione di luce. Nell'astrologia antica, le "coniunctiones magnae" erano un segno molto noto e molto considerato: esse marcavano eventi eccezionali, di solito felici. Nell'anno 7 avanti Cristo (e, secondo il còmputo oggi più seguito, Gesù sarebbe nato fra il 7 e il 6 avanti Cristo, cioè fra il 747 e il 746 ab Urbe condita: e Dionisio "minore", un monaco siriaco insediato in Roma, calcolandone nel VI secolo la nascita si sarebbe sbagliato di 6-7 anni) Saturno si congiunse per ben tre volte (in maggio, in settembre e in dicembre) con Giove nella porzione di firmamento occupata dalla costellazione dei Pesci. Fu quello il "segno" della nascita del Salvatore? Certo, negli anni interessati come probabile momento di essa, nessuna fra le comete periodiche da noi conosciute e le orbite delle quali possiamo calcolare anche per il passato solcò i cieli visibili dal nostro pianeta: né quella di Halley, né quella di Kohutek. Ma la celebre cometa di Halley fu visibile con particolare, impressionante intensità nei cieli d'Italia durante l'ottobre 1301. Ed ebbe uno spettatore d'accezione: il grande Giotto, che se ne sarebbe ricordato anni dopo quando, fra 1305 e 1310, affrescò la scena della Natività nella cappella degli Scrovegni di Padova fornendo alla stella di Betlemme non più una delle forme tradizionali suggerite dagli apocrifi (che descrivevano un corpo stellare che in realtà era un angelo o al centro del quale c'era l'immagine del Bambino), bensì assegnandole la forma "naturalistica" del corpo celeste che tanto lo aveva impressionato, con la sua rutilante coda vermiglia. Qualche astrologo della dotta Padova del tempo avrà senza dubbio trovato qualcosa da osservare, riguardo un segno che appariva allora più minaccioso che gioioso: ma l'immagine ebbe fortuna. Da allora, la stella di Betlemme è inimmaginabile senza la lunga coda luminosa e nessuno ha più paura delle comete. Nel

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