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«FIN da quando avevo sette-otto anni buttavo giù poesie.

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«Però in realtà non ho fatto lo scrittore nel senso stretto del termine. Ho scritto in scena». L'attore spiega di aver «racimolato un po' dai cassetti cose vecchie. Adesso scrivere per me significa mettere giù dei versi, vengono automaticamente, sgorgano come si dice e sono anche abbastanza ironici, con distacco. C'è un senso anche della morte, perché la poesia è quasi sempre dolore per qualcosa che manca». Ha scritto di essere un attore con la coscienza infelice e spiega che voleva dire «che c'è sempre qualcosa di irrequieto che non mi esaudisce appieno. In realtà, se ho avuto una predisposizione è stata appunto quella di scrivere». Albertazzi, che si racconta oggi alle 15:40 su radio 1 al «Confessionale del ComuniCattivo» di Igor Rigjhetti.

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