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«Tutte le manie di mio padre, Charlot»

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Un papà che si sposò quattro volte ed ebbe undici figli: due con Lita Grey, uno con Mildred Harris che però morì tre giorni dopo la nascita, e infine otto con Oona O'Neill. Eugene fu il numero cinque e venne al mondo quando Chaplin aveva già 60 anni, nove anni dopo sua sorella Geraldine: probabilmente sono esistiti diversi Chaplin, tanti quanti sono i figli. Eugene Chaplin ha 51 anni, è nato e vive in Svizzera, ha a sua volta cinque figli, ha studiato regia nella Scuola di Arte Drammatica di Londra e oggi è un affermato drammaturgo. Onora la memoria del padre sia organizzando il Museo Charles Chaplin, che si aprirà in Svizzera nel 2006, sia mettendo in scena uno spettacolo che parla di lui: «Racconto la sua vita attraverso la musica che egli stesso compose. Perché mio padre faceva tutto da solo: scriveva i copioni dei suoi film, li dirigeva, li interpretava e ne componeva la colonna sonora». Gli domando che genere di padre fosse il grande Charlot. «I miei sette fratelli ed io siamo nati dal suo quarto e ultimo matrimonio, ossia quando lui era già famoso e quindi oberato di impegni». Questo significa che non aveva tempo per i suoi figli? «Al contrario: abbiamo avuto un'infanzia normalissima, la sera cenavamo tutti insieme e lui giocava molto con noi bambini. Ci sarebbero tanti episodi da raccontare...». Cominci con uno. «Ad esempio quando arrivò la TV a colori. La vecchia televisione in bianco e nero era sempre stata nel suo studio, e lì tutta la famiglia si riuniva per vederla. Ma quando arrivò il colore, lui passò il televisore in bianco e nero nella stanza di noi ragazzi e installò quello nuovo nella sua. Il giorno dopo, però, si era già pentito. Si riprese il suo vecchio apparecchio e se lo tenne per tutta la vita». Era un papà severo ? «Era rigido, perché lui veniva dal basso e ci ripeteva sempre che noi avevamo molta fortuna di poter andare a scuola e di poter scegliere la strada che preferivamo. L'importante, ci diceva, era che, qualsiasi cosa avessimo scelto di fare, lo facessimo bene. "Se decidete di fare gli spazzini, non lasciate mai una strada spazzata solo per metà", ci diceva». Era spiritoso? «Molto. Ma per papà lo humour era la maniera migliore per attaccare idee che non condivideva e comportamenti che disapprovava. In "Tempi moderni" mise in luce l'alienazione della catena di montaggio e questo dispiacque alla borghesia; e nel "Grande dittatore" si dichiarò apertamente un nemico di Hitler. Fatto sta che nel 1947 fu accusato dalla Commissione per le Attività Antiamericane di simpatizzare col comunismo. A casa, quando in TV compariva qualcuno che non gli piaceva, si alzava in piedi e ne faceva l'imitazione»." E con le donne com'era? «Prima di incontrare mia madre aveva avuto una vita sentimentale molto turbolenta. Nel 1942, quando ancora viveva negli Stati Uniti, la giovane attrice Joan Barry sollevò uno scandalo che si concluse solo nel 1948 con la condanna di mio padre a passarle un assegno per il mantenimento di un figlio che non era suo». Un anno dopo si sposava con Oona O'Neill. «Sì, lui aveva 52 anni e lei 18. Molti biografi hanno malignato che per mia madre lui era il padre che aveva sempre desiderato, e che a lui piacevano solo le ragazzine. In realtà io me li ricordo sempre mano nella mano». Che cosa ammira soprattutto di suo padre? «Lui ammirava tutti coloro che davano qualcosa all'umanità: conversò più volte con Gandhi e con Einstein. Io invece di lui ammiro il fatto che veniva dalla miseria più totale, e seppe affrancarsi dal suo destino. E poi lo ammiro per come sapeva godersi la vita: conosco molti che hanno fatto fortuna e sono diventate famosi come lui, ma sono come morti viventi, perché vivono nel terrore di perdere tutto. A papà, invece, piaceva prendere tutto quello che poteva dalla vita». Eppur

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