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Si può inseguire la bella scrittura anche con il computer: digitalizzando i caratteri manuali. La nostalgia di corsivo o bianco e nero contro lo strapotere delle insegne

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Eppure esaminatori di prove di concorso e selezionatori di personale esigono sempre più spesso dai candidati curricula manoscritti, che non solo si leggono più facilmente, ma rivelano indizi sulla personalità di chi li ha redatti. Si spiega così il revival della calligrafia: sono sempre più numerose le persone che desiderano prendere confidenza con penne e calamai, e mentre nelle librerie si moltiplicano i libri sull'argomento (l'ultimo è «Italico per italiani», di Eric Hebborn, un manuale che introduce alla conoscenza del corsivo cancelleresco o «italico», capostipite di tutti i corsivi in uso nell'Occidente) riscuotono un imprevisto successo i corsi curati dall'Associazione Calligrafica Italiana, che promuove a Milano l'art d'écrire. «La nostra Associazione - dice la sua presidentessa Anna Ronchi - è stata fondata nel 1991 da cinque calligrafi e da un ricercatore di storia della calligrafia. L'esperienza era quella dei Paesi anglosassoni, dove la calligrafia è considerata un'arte, grazie alla reinterpretazione dei modelli del passato, la maggior parte italiani». Chi frequenta i vostri corsi e cosa li spinge a cimentarsi con pennini e calamai ? «Abituati a scrivere quasi esclusivamente col computer, adulti ma soprattutto ragazzi riscoprono gli antichi strumenti di scrittura, il cui fascino risiede proprio nel fatto che sono totalmente diversi da quelli dell'informatica». Ma nell'era della posta elettronica e degli SMS la calligrafia non è il retaggio di un passato ormai sepolto? «La calligrafia non è superata dai tempi, come non lo è dipingere ad acquerello. Certo, non ha più la funzione di tramandare la conoscenza che aveva nel Medio Evo, ma proprio perché non è più 'essenziale', può ambire ad essere considerata un'arte. Oggi i confini della disciplina si sono estesi. Si può fare calligrafia col computer, partendo da una scrittura manuale che viene poi digitalizzata, si può scrivere con una penna d'oca su pergamena, ma anche con una penna artigianale fabbricata con la lamiera di una lattina di birra». Imparare di nuovo a scrivere in maniera chiara potrà cambiare il nostro atteggiamento verso la comunicazione scritta, oggi sopraffatta dallo strapotere dell'immagine? «Il problema è la perdita di stile. Siamo circondati dalla più grande varietà di scritte e d'insegne, ma non siamo per questo diventati più esperti nel lettering. Negli uffici pubblici, ad esempio, siamo passati dai cartellini scarabocchiati a mano alle paginette uscite dalla stampante di un computer, con caratteri cubitali, iper-colorati, frutto della buona volontà di qualche impiegato. Si sente la nostalgia del bianco e nero, magari di un sobrio carattere romano. La calligrafia oggi può insegnare di nuovo le regole della leggibilità e dell'armonia». Per scrivere bene c'è bisogno soprattutto di tempo. «Non sempre la comunicazione dev'essere veloce. Scrivere una lettera può diventare un rito, se lo facciamo con strumenti e materiali di cui subiamo il fascino. La carta è una materia viva, la penna ipnotizza per il segno che lascia. Anche la concentrazione a cui ci costringe la scrittura manuale non ci fa che bene: perseguendo lo scopo di tracciare delle belle lettere, siamo spinti a ricercare il bello in tutto. Scrivere a mano con arte può essere un'attività terapeutica, tramite la quale possiamo migliorare noi stessi e l'ambiente che ci circonda».

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