Il tempo rinasce durante le feste
E' il segno di una crisi che ha colpito le nostre società occidentali, soprattutto quelle dove prevalgono i grandi agglomerati urbani. E' il risultato di una cultura che ha perduto la visione circolare del tempo: perché se è vero che il tempo apparente scorre e può anche essere misurato matematicamente, tuttavia noi tutti sperimentiamo accanto a questo, al suo interno, un tempo circolare, non omogeneo, non misurabile, ma contrassegnato da giorni profani e da giorni sacri. Quei giorni sacri sono le feste, periodi forti attraverso i quali vi è come un'irruzione di energia nel cosmo, una manifestazione del sacro. La festa quindi non è mai fuga, vacanza, una parola che deriva dal verbo latino «vacare», cioè «essere libero da impegni», ma interruzione del tempo lineare, dove il rito, il gioco, i comportamenti carnascialeschi obbediscono a una medesima logica, quella di rigenerare il tempo e di ricordarci che noi stessi possiamo sfuggire al tempo lineare per accedere al Tempo circolare senza tempo Alla complessa e labirintica storia del tempo Roberto Carretta, studioso del mito, ha dedicato un ampio saggio riccamente illustrato, il cui unico neo è la mancanza di note, intitolato «I labirinti del tempo. Storia di un'imperfetta armonia» pubblicato dalle Edizioni Medusa (6170 pagine, 32 euro). L'autore vi analizza il tempo non solo come ripetizione di identici momenti, di giorni di 24 ore, di ore di 60 minuti, di minuti di 6O secondi, e dunque fonte di angoscia che spinge a una continua fuga dalla realtà, a trovare surrogati come la «fine di settimana», «le ferie», le fughe nevrotiche negli «ultimi paradisi incontaminati» nel mezzo dell'Oceano Indiano o Pacifico; ma anche come la ricerca della propria identità e della propria memoria nello stile di Proust. Il tempo come continuo rinnovamento ciclico dell'uomo e della natura. D'altronde, quando all'alba dell'anno Mille venne inventato l'orologio meccanico per misurare il tempo, convertendolo da ciclico in lineare, l'uomo conquista un tempo artificiale, senza trovare però una risposta alle domande che ogni civiltà del passato ha fatto. Il tempo è una sequenza omogenea e ordinata di momenti? Vi sono diversità qualitative fra attimo e attimo? E con quali criteri si può misurare il tempo? Per trovare una risposta ogni popolo si è ispirato al moto regolare degli astri, dalla luna al sole alle stelle. Ma, come scrive Alfredo Cattabiani in «Calendario» (Mondadori 2003), tutto si complicava se dal moto circolare degli astri si voleva ricavare un ciclo annuale regolare. Il calendario lunare di circa 354 giorni, che ritmava la vita contadina, era più breve di quello solare che permetteva un conteggio del tempo annuale. D'altronde anche la suddivisione dell'anno solare in 365 giorni, attuata da Giulio Cesare, non era precisa, tant'è vero che alla vigilia della riforma gregoriana del 1582 l'anno legale anticipava di 10 giorni rispetto a quello reale. E oggi ancora sappiamo che vi è una discrepanza, pur minima, tra anno legale e anno solare. Questi problemi erano irrilevanti una volta per la gente comune perché i punti di riferimento calendariale erano altri: dalle feste cristiane, Natale, Epifania, Pasqua, Ascensione, Pentecoste a quelle dei santi più popolari, che segnavano gli appuntamenti fondamentali della vita sociale, dal rinnovo dei contratti agrari alla riapertura delle assemblee. Dunque, la festa e il rito permettono all'uomo di liberarsi, pur temporaneamente, dall'angoscia del tempo che scorre inesorabile, per sperare in una possibile totale sua rigenerazione. Lo si coglie chiaramente nelle feste di Capodanno di ogni civiltà, da quella Romana a quella Babilonese, dalla Greca alla Celtica, e che segnano una cesura con il passato, simboleggiata dalle maschere, dai fuochi purificatori, dagli spari o dai botti che hanno la funzione di cacciare i peccati, i de