Joel Schumacher presenta il film tratto dal musical più rappresentato della storia
Lo scritto in questione è «Il fantasma dell'Opera», gemma lucente tra i racconti d'appendice, pietra miliare della letteratura horror e autorevole antenato di tutto lo scellerato splatter odierno. Da quel testo, che nel 1911 investì con un successo travolgente il mercato dell'editoria, sono stati tratti testi teatrali, balletti, opere in musica. E il successo non è finito anzi, sembra rinnovarsi. Il 17 dicembre esce nelle sale l'ennesimo film, un musical, firmato da due personaggi mitici (Joel Schumacher, regista di «Un giorno di ordinaria follia» e «Veronica Guerin - il prezzo del coraggio» e quell'Andrew Lloyd Webber che firmò le musiche di «Jesus Christ Superstar» nel '73) che, tanto per la cronaca, è il film numero nove dalla prima storica trasposizione del '25 con Lon Chaney. «Al di là delle musiche e della maestosità delle scenografie - ha spiegato il regista Schumacher a Roma per presentare la pellicola - l'essenza di questo film è il triangolo drammatico e viscerale tra i protagonisti. La ragione che mi ha spinto a dirigerlo è stato il sacrificio compiuto per amore. Sfortunatamente siamo in un'epoca in cui l'apparenza sembra essere la cosa più importante. Un'epoca oscurantista di collagene e botulino. La tendenza contemporanea a intervenire sul nostro aspetto fisico, altro non è che la sublimazione di un disagio a vivere la nostra interiorità». Un'interiorità e un bisogno d'amore sui quali Schumacher ha puntato. Se poi gli si chiede come mai l'archetipo della «bella e la bestia» continua ad affascinare, neanche il regista riesce a dare una spiegazione. In effetti quel «Fantasma dell'opera» non era tanto originale e, Leroux non ne fece mai mistero, nemmeno tutta farina del suo sacco. Il «Fantasma» nasce prima di Leroux, nel ventre stesso di quella Parigi grande, affascinante e spaventosa che la storia consegnava all'Ottocento. Leroux, nato nel 1868 e morto nel 1927, prese spunto da una leggenda che circolava negli ambienti teatrali. Era la storia di un personaggio orribile e sanguinario che faceva giustizia di vecchi sporcaccioni che molestavano le giovani ballerine e di musicisti mediocri che rubavano le canzoni ai veri autori. Lo scrittore, avvocato di poca fortuna, ma giornalista di cronaca nera che sapeva il fatto suo, mescolò questi elementi e li riversò fra cunicoli, laghi sotterranei e labirinti di corridoi nel sottosuolo parigino. Poi diede al tutto dignità letteraria ispirandosi al Quasimodo di Victor Hugo. La storia è semplice: nel teatro dell'Opera di Parigi, accadono fenomeni terribili e spaventosi, la routine dei teatranti è turbata da minacce e avvertimenti firmati da un misterioso «Fantasma» che vuole a tutti i costi far trionfare una bella e giovane cantante Christine Daaé, di cui è follemente innamorato. La rapisce e la porta nella catacomba dove vive e vorrebbe sposarla. Ma Christine è già promessa al Visconte Raoul De Chagny, il quale decide di ritrovare l'amata sfidando il Fantasma nei sotterranei dell'Opera. La prima trasposizione filmica è quella americana del '25 con Lon Chaney, l'uomo dai mille volti, un mostro di mimica e recitazione che tra i personaggi già interpretati aveva, guarda caso, il Quasimodo di «Notre dame de Paris» girato nel '23. «The Phantom of the Opera» fu diretto da Rupert Julian (ma verso la fine litigò con Chaney e fu sostituito da Edgard Sedgwick), il film era muto, in bianco e nero con qualche scena a due colori. Ma per molti, Schumacher compreso, è ancora la pellicola più riuscita. Quelli che seguirono comunque non furono film da poco: uno del '43 di Arthur Lubin in Technicolor che si guadagnò due Oscar. Ci fu una versione inglese del '62 e poi una televisiva diretta da Robert Markowitz nell'83. Dell'89 è invece la versione più horror, interpretata da Robert Englund, il terribile Freddy della serie «Nightmare». Nel '90 arriva la versione con Burt