Mastandrea: «Da Costanzo non torno più Meglio il cinema e il teatro della Tv»
L'ex ospite un po' sgangherato del Maurizio Costanzo Show, il borgataro timido e ribelle, a 32 anni, dopo una dozzina di film con registi del valore di Francesca Archibugi («Domani») e Davide Ferrario («Tutti giù per terra»), siede oggi nella giuria internazionale del Noir in Festival di Courmayeur, accanto a prestigiosi personaggi, quali lo scrittore e sceneggiatore americano Stuart Kaminsky («C'era una volta in America»), l'attrice canadese Deborah Kara Unger («A love song for Bobby Long»), il regista francese Frédéric Schoendoerffer («Agenti segreti») e il collega napoletano Antonino Iuorio («Luna rossa», «Elisa di Rivombrosa»). Mastandrea, come attore e come spettatore, che cos'è per lei il «noir»? «Come attore, è un miraggio. È già tanto difficile fare un film, figuriamoci farne uno di genere. Io ho avuto la fortuna di girarne un paio, "Tutti giù per terra" e "L'odore della notte". Come spettatore, amo molto questi film perché ci riconducono al mito». Il ruolo di giurato le piace? «Mi piace molto, perché mi dà la possibilità di osservare un panorama cinematografico assai vasto. A Courmayeur ci sono produzioni di tutto il mondo, dal Medio Oriente alla Cina, dal Giappone al Canada, dall'Europa agli Stati Uniti. Ne approfitto per osservare grandi attori e imparare. Recitare è la cosa che amo di più nella vita, più lo faccio e più mi piace». Qual è il film che vorrebbe fare? «Il cinema che mi piace ancora non l'ho fatto. Il mio sogno è di recitare in una commedia che sia oggi quello che sono stati i film di Monicelli, da "La grande guerra" ai "Soliti ignoti", oppure i film di Sordi, Mastroianni, Tognazzi, che per me è uno dei più grandi. Quella era gente che portava sullo schermo ciò che succedeva intorno, nella vita comune di ogni giorno. Oggi, invece, si fanno commedie semplicistiche, buttate via. Comunque, non escludo nulla: potrebbe anche succedermi di girare un film con Vanzina. E lo dico senza spocchia». E a teatro quando la rivedremo? «A febbraio, al Piccolo dell'Ambra di Roma: farò un monologo in cui un uomo buono, per convenienza, diventa cattivo. È un testo tragicomico che si specchia nel nostro presente». Parteciperebbe all'«Isola dei famosi» in tv? «Non amo i reality-show, sono il fondo del decadentismo televisivo. Da lì, si può solo risalire verso una tv che esprima le sue potenzialità positive». E da Costanzo tornerebbe? «No. Il suo show, per me, è stata un'esperienza umana fondamentale, una sorta di psicanalisi massificata. Ma, ora, le nostre strade sono diverse. Non farò mai più l'ospite in tv, preferisco la visione critica del cinema e l'osservatorio ampio del palcoscenico al punto di vista unico della televisione».