L'inglese ci seppellirà

Parola di un autorevole studio del British Council, un rapporto intitolato «The Future of English» (Il futuro dell'inglese). L'autore è David Graddol, che da venticinque anni lavora nel dipartimento di lingue della Open University. Afferma, Graddol, dal «tempio» linguistico di Edimburgo, che fra dieci anni due miliardi di persone studieranno l'inglese mentre tre miliardi lo parleranno. Il francese invece vivrà un progressivo declino internazionale, il tedesco sarà parlato come lingua straniera da un numero crescente di persone, in particolare in Asia. Entro il 2050, però, anche l'inglese subirà un arresto ed il numero di studenti della lingua scenderà da due miliardi a 500 milioni, assestandosi su questa cifra. La ricerca di Graddol ha preso in considerazione le stime dell'Unesco e le politiche governative dei vari paesi in materia di istruzione, le proiezioni demografiche ed i dati sulla mobilità internazionale degli studenti. «La popolazione mondiale sta diventando sempre più poliglotta e l'inglese è solamente uno dei tanti idiomi che si studiano negli altri Paesi», ha aggiunto lo studioso, precisando che anche il cinese, l'arabo e lo spagnolo sono in forte ascesa. In questo quadro la lingua italiana non viene neppure citata, quasi venisse abbandonata nell'oblio delle lingue morte. Qual è, allora, il futuro dell'italiano scritto e parlato? «Non credo che la lingua italiana perderà colpi - risponde il professor Alessandro Masi, segretario generale della Dante Alighieri - La nostra lingua farà sempre parte di una nicchia forte tra le lingue di cultura, sarà comunque la lingua più rappresentativa al mondo e difficilmente sarà una lingua morta. Il nostro compito è di difendere l'identità culturale dell'italiano come veicolo nel mondo di arte e cultura. Sarebbe sbagliato mettersi a fare competizione sui piani settoriali, come il commerciale - ad esempio - perché la nostra è la lingua degli angeli e del più grande patrimonio artistico mondiale: l'italiano è amato da chi ama la cultura e l'Italia ha un potere artistico enorme che in molti ci invidiano. Non a caso, l'Imperatore Carlo V diceva che parlava francese con le donne, tedesco con i cavalli, ma con gli angeli usava l'Italiano». L'invasione dell'inglese rischia di minare pure le altre lingue europee, fatte salve però lo spagnolo e il tedesco. Tuttavia, Claudio Magris, scrittore e docente di letteratura tedesca, appare scettico: «Qualche anno fa si diceva che con il disgelo dei ghiacciai l'Olanda sarebbe stata sommersa - spiega Magris - Ma, per fortuna, le cose non sono andate così. Sono tanti gli eventi che possono intervenire a mutare dei processi in corso. Resta il fatto che nella comunicazione, oggi, l'inglese ha la supremazia, come l'aveva nel Settecento il Francese. L'Italiano resta la lingua vettoriale della cultura europea: questo non fermerà il primato dell'inglese, ma potrebbe esserci un doppio primato. Sarebbe patetico reagire in modo difensivo e diventare anti-inglesi. Credo che si accentuerà sempre più la differenza tra comunicazione ed espressione: una cosa è parlare ai convegni di patologie cardiache e un'altra cosa è scrivere un romanzo in una lingua bella come l'italiano». Il poeta Mario Luzi rimane molto sorpreso del fatto che «uno studio del genere ignori la lingua del nostro Paese. Anzi, negli ultimi anni, l'italiano ha camminato molto nel mondo ed è in ascesa, anche secondo alcuni studi fatti dall'Accademia della Crusca di Firenze, ai quali partecipai qualche anno fa. Certo, il potere politico dell'inglese è enorme, ma esiste pure gente con un certo tipo di cultura che studia l'italiano nel mondo. E' forte, comunque, il pericolo per l'Umanità che l'italiano venga accantonato, mentre il latino ha resistito nel suo disuso e ancora viene usato per semplificare delle questioni che potrebbero creare dei malintesi. L'italiano, al contrario, dalla sua non ha che la bellezza e la duttilità dell