IL PUNTO ALLA FIERA DI ROMA

Una realtà che il mondo dell'editoria conosce bene. Lontani, e non solo cronologicamente, dagli anni del dopoguerra quando le piccole case editrici hanno avuto l'opportunità di diventare i colossi editoriali di oggi, i piccoli e medi editori italiani (1.759 con un fatturato che nel 2003 ha coperto il 32 per cento del mercato nazionale) inseguono il sogno di una crescita, e più spesso di un bilancio di fine anno positivo, ostacolati da logiche distributive e finanziarie che non permettono quel salto di qualità per il quale lavorano, esclusi collaboratori e consulenti, 4.738 addetti. Tema dell'incontro che si è svolto ieri a Roma a «Più libri più liberi», Fiera della piccola e media editoria, che nella giornata di apertura di mercoledì ha registrato la presenza di 8.646 visitatori raddoppiando così l'affluenza della precedente edizione, lo sviluppo della piccola editoria si colloca allora in quella «bolla» di mercato, sinonimo di ricerca e sperimentazione, destinata a faticare, e non poco, per arrivare sugli scaffali delle librerie. Li salva la legge sul prezzo fisso che limita lo sconto in fatto di libri al 15 per cento. Varata tre anni fa, se ne riparlerà il 20 dicembre a Palazzo Chigi, dopo tre anni di prova. «Sarebbe scandaloso - dicono - se il governo non prendesse atto del buon esito di fondo di questa sperimentazione». Un entusiamo che non vede d'accordo i librai, che premoro per la liberalizzazione delle attività propozionali. Quanto alla logica di mercato che insegue il best-seller, e che spesso anzi, proprio per questo, porta in libreria i successi televisivi, i piccoli editori, considerati tali fino a dieci/quindici milioni di euro di fatturato, riconoscono di aver bisogno, anche loro, nonostante la scelta di una «nicchia» di settore, almeno di un libro all'anno che superi la vendita di diecimila copie. Perché se è vero che i piccoli editori si affidano a quelle fasce di lettori abituali che magari frequentano anche librerie fuori dai grandi circuiti editoriali, pure un risultato «evidente» ogni tanto bisogna portarlo. Dice Carlo Ferretti, autore di «Storia dell'editoria letteraria in Italia. 1945-2003». «Le condizioni per crescere sono rappresentate dalla capacità di imprimere imprenditorialità e forte identità con progetti ben definiti». Per Sandro Ferri, delle Edizioni e/o, anche il piccolo editore deve avere la possibilità di entrare negli stessi canali dei grandi editori pena l'essere tagliati inesorabilmente fuori dal mercato. Nella stessa direzione Carmine Donzelli, della Donzelli Editore, per il quale la concentrazione del mercato editoriale nelle mani di pochi gruppi rappresenta la spina nel fianco della piccola editoria. Alla fine la differenza torna alla vitalità del settore. Come dire, gli altri saranno anche grandi, ma scoprono poco, noi invece portiamo sul mercato libri che altrimenti il pubblico non «incontrerebbe» mai.