Afro, ultimo giorno di mostra
Questa giornata di festa è l'ultima per assistere a un grande evento ospitato nel romano palazzo Wedekind, sede de «Il Tempo». La mostra è stata visitata da migliaia di persone. Negli anni Cinquanta, Afro fu il capofila di quella tendenza che Lionello Venturi aveva battezzato «astratto-concreta». Aveva una pittura - ha scritto di lui Maurizio Calvesi - che in forme assolte dalla riproduzione del reale evocava emozioni della natura, di paesaggi, di marine. E però il suo pennello aveva un nutrimento in più, di immaginazione, di memoria evocativa; fruttava in questo senso l'esperienza moderatamente surreale che aveva avuto in comune con il fratello Mirko, insieme allo studio neo-cubista su Braque e Picasso. Il suo successo, nel momento in cui abbandonò il naturalismo tradizionale, fu di vasto raggio, fin oltre oceano, anche per certa tangenzialità con la scuola americana dell'espressionismo astratto, e in particolare con Gorky, che per tempo Afro aveva scoperto, inteso e assimilato alla propria natura di sognatore e alla vibrante trasparenza della sua fantasia cromatica e tonale: una fantasia peraltro che trovava un aggancio, niente affatto accademico, con la grande tradizione veneziana. Riviveva in lui quasi l'ultimo, caleidoscopico cerchio di un settecentesco fruscìo lagunare, la somma grazia del colore di Tiepolo e di Rosalba Carriera, anche se amava piuttosto sentir pronunciare il nome di Tiziano. Oggi la mostra è aperta dalle ore 10 alle 22, l'ingresso è libero.