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Angiolillo, quel 5 giugno a piazza di Pietra

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Il Tempo deve la sua nascita, nonchè la fortuna e il nome, all'estro e all'intuito di Renato Angiolillo, giornalista lucano, ma napoletano d'adozione, che rese il quotidiano testimone privilegiato nel centro-sud del dopoguerra e poi degli anni del boom economico e oltre. Il primo numero del giornale, che uscì a poche ore dalla liberazione della capitale, era costituito da un solo foglio di due facciate e costava 50 centesimi. La testata apparteneva a un vecchio quotidiano chiuso negli anni Venti dal regime fascista e venne scelta all'ultimo momento da Renato Angiolillo al posto de L'Italia, un'altra testata liberale (era appartenuta a Camillo Benso di Cavour) acquistata per 2.000 lire nel periodo dell'occupazione nazista da un gruppo di antifascisti suoi amici. La sera del 5 giugno 1944, in una vecchia tipografia di piazza di Pietra, nel cuore dell'antica Roma, Renato Angiolillo, attorniato dai suoi redattori, cominciò a realizzare il giornale. «Angiolillo - ricorda Gino Agnese, firma storica del giornale e oggi presidente della Quadriennale - era un personaggio straordinario, che dava del "tu" al presidente della Repubblica e che dalla sua casa sulla scalinata di piazza di Spagna aveva una visione privilegiata di Roma, ma che non mancava di valorizzare noi giovani. Gianni Letta, già suo braccio destro, diventò il suo successore e fummo noi ad eleggerlo in un'assemblea: lui prese in mano il giornale a soli 37 anni». A ricordare la cultura "contro" de Il Tempo è uno dei capi storici della terza pagina, Fausto Gianfranceschi, pensatore di destra che ne fu responsabile dal '65 fino all'88. «Tutta l'impostazione della nostra pagina era uno schiaffo in faccia alla cultura dominante di sinistra. Augusto Del Noce poteva scrivere solo su Il Tempo, come Rosario Assunto, un grande estetologo, Giuseppe Sermonti, che era contro l'evoluzionismo volgare alla Darwin e infine Ettore Paratore, che in pieno '68 fece uno scherzo gustoso ai suoi studenti: dette un compito da tradurre dall'italiano in latino e tutto incentrato sulla necessità di "onorare i vecchi". Quando gli studenti si ribellarono gli rivelò che il brano era tratto dal libretto di Mao...». Adnkronos

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