«Uccelli di rovo», dramma della McCullough
Lo ha annunciato lei stessa ai suoi lettori, che sono legioni in tutto il mondo. Finirà il romanzo che sta scrivendo in questi giorni e poi metterà definitivamente da parte lo schermo e la tastiera del computer. Uno dei suoi ultimi romanzi, «Il canto di Troia», tradotto da Rizzoli nel 1999, era del resto ispirato ai poemi omerici, all'ira d'Achille e al catalogo delle navi, al cavallo di legno, ai massacri, alle sventure della bella Elena e dei suoi amanti. Come Omero, che cantò per primo Troia e il destino degli eroi, anche Colleen McCullough deve aver fissato troppo a lungo il sole incandescente della grande affabulazione. Gl'intrattenitori di rango - che appartengano alla letteratura "alta" o a quella "bassa", che occupino interi capitoli oppure solo una nota a piè di pagina nelle storie della letteratura, che puntino all'immortalità o al best seller di stagione - non fanno un mestiere tranquillo ma pericoloso. In questo somigliano un po' agli eroi dei loro racconti. Affrontano rischi terribili perché agitano i pugni contro gli dèi e perché osano sfidarli sul loro stesso terreno: il governo delle vicende umane, l'assoluto controllo di tutte le trame. Negli ultimi anni, oltre a essersi avventurosamente misurata con le imprese dei campioni omerici, Colleen McCullough ha scritto una serie di romanzi ambientati nell'antica Roma, anche questi tradotti tutti da Rizzoli: «Le donne di Cesare», «Cesare. Il genio e la passione», «I giorni del potere», «I giorni della gloria», «I favoriti della fortuna». «Le idi di marzo». Intrighi, amorazzi, battaglie. Siamo negli anni del crepuscolo della Repubblica; sull'orizzonte s'intravedono i primi fuochi dell'Impero. Colleen McCullough - attenta alla lezione degli storici classici, e magari un po' anche a quella di «Harmony» e delle soap operas - racconta le storie dei grandi generali e dei grandi avventurieri politici dell'antichità in una chiave insieme quotidiana e monumentale, per metà Hollywood sul Tevere e per metà giornalismo linguacciuto. Sono romanzi di cui i lettori generalmente apprezzano (come si dice in questi casi, storcendo magari un po' il naso) la "ricostruzione storica" e la "verosimiglianza": libri che di solito si leggono e si recensiscono con una certa condiscendenza. In realtà il romanzo storico è il più antico e forse anche il più difficile dei generi letterari. Negli ultimi due secoli, da Hegel in avanti, sono stati soprattutto i filosofi a scrivere romanzi storici, invariabilmente sinistri e minacciosi. Colleen McCullough, scrittrice modesta ma virtuosa, è di gran lunga più brava e più innocua di loro. A causa della cecità progressiva che l'affligge l'hit parade dei best seller perde una delle ultime grandi macchine per raccontare storie (e per raccontare la storia).