Si è spento a Venezia all'età di 91 anni il maggior italianista della secondo Novecento, ammirato in tutto il mondo Vittore Branca, faro della cultura europea
Lo ha reso noto la Fondazione Cini, di cui Branca era stato presidente e segretario generale. I funerali si celebreranno lunedì nella chiesta di Santo Stefano a Venezia, alle ore 9. di ANTONELLA BARINA L'AMICO di Papa Montini e di De Gasperi, quello che guarda con aria di sfida dentro l'obiettivo della macchina fotografica a fianco di Ezra Pound, l'uomo che sorridendo stringe la mano a Gianni Agnelli e fa gli onori di casa a Simone Weil, non c'è più. Il cristiano, il partigiano, il grande vecchio della cultura italiana se ne è andato nella sua casa di Venezia. Vittore Branca, l'italianista, era come un grande ombrello che dalla Cini proteggeva la cultura «alta». Per oltre cinquant'anni alla Fondazione Giorgio Cini di Venezia, Branca ha lavorato perchè Venezia fosse la capitale culturale d'Italia e del mondo, e in parte c'è riuscito, a dispetto di tutto. Lo testimonia, prima ancora che il suo interminabile curriculum di umanista, il programma culturale della stessa fondazione veneziana: internazionale e specifico. Nel suo mestiere di italianista, Branca era un fine analista di testi, oltre che filologo col fiuto di un segugio, capace di entrare in biblioteca e scovarvi un autografo di Boccaccio o un manoscritto di Poliziano. Come italianista, all'allievo di Attilio Momigliano stimato da Giovanni Gentile, viene riconosciuto il superamento dell'impostazione estetizzante, l'adozione fin dagli anni Quaranta di strumenti filologici e critici, l'apertura a prospettive letterario sociologiche, il mantenimento della visione storicistica. Gentile, riportano le cronache, gli diceva: «Branca, tu sei tutto contro di me, perchè non sei idealista, non sei fascista e sei cattolico. Però...». E qualcosa di Gentile c'è nell' articolo di fondo che Branca scrisse sull' insurrezione di Firenze, dal titolo «Firenze straziata ma non doma saluta il sole della libertà», sul giornale che, mancando la corrente elettrica, fu stampato collegando un'auto Balilla ad una stampante. Branca, che nascondeva i volantini contro il duce nei sacchi di piselli secchi, scampando i controlli. Quando, l'anno scorso, per festeggiare il suo novantesimo compleanno, a Venezia gli è stata dedicata una mostra intitolata «Omaggio a Vittore Branca», ha detto semplicemente: «Sono grato a tutti i presenti, alle grandi personalità che sono passate dalla Fondazione, a chi mi ha consigliato e mi è stato vicino, a cominciare da Benedetto Croce. A tutti coloro che con la loro vicinanza mi hanno aiutato in questo programma di sviluppo della cultura come via alla civiltà». Oltre alle foto, i carteggi: tra i più significativi, quelli scambiati con Karol Woytila, Federico Fellini, Josè Ortega y Gasset e Aldo Moro. Alla Cini fu chiamato nel 1953 a ricoprire prima l'incarico di Segretario generale, che mantenne dal 1953 al 1988, quindi di direttore del Centro di Cultura e Civiltà e poi, dal 1972 al 1995, succedette nella presidenza a Bruno Visentini. Da ricordare inoltre le grandi iniziative enciclopediche per arte, filosofia, spettacolo. Le Università di mezzo mondo gli hanno conferito la laurea honoris causa. E non si contano i riconoscimenti accademici e le cariche prtestigiose nel mondo della cultura.