La figlia di Jorio non stava bene
La donna, «bagascia di fratta e di bosco», rinata «quando l'amore nacque», ha vissuto un dramma tutto personale nella poco convincente interpretazione di Manuela Odorisio Paone. Ma tutto lo spettacolo, firmato da Sabatino Ciocca, ha risentito dell'inesperienza dei giovani attori della Compagnia di Prosa del Marrucino. L'altra sera, a stento abbiamo capito le battute per via di una recitazione dai toni incredibilmente sommessi. La scena tragica del secondo atto, che si consuma nella Grotta del Cavallone, tra Aligi (un discreto Alessio Tessitore) e il padre Lazaro (l'esperto Carlo Orsini), è stata poco più che sussurrata, soprattutto da un Orsini dal quale era lecito attendersi un'interpretazione meno «ingessata». Eccellente è apparsa Kristine Rapino che ha donato il suo volto, bello di una bellezza mediterranea, a Ornella, la più poetica creatura che d'Annunzio abbia creato, tutta musica e tutto amore: l'unica ad aver compreso la grandezza di Mila felice di andare verso il fuoco, pur di scagionare Aligi dall'accusa di parricidio. Di positivo vanno anche segnalati le musiche di Sergio Rendine, le luci di Iuraj Saleri e i costumi di Massimo Poli. La scenografia, fin troppo essenziale, non ha concesso nessun riferimento all'Abruzzo, come pure l'autore aveva voluto. Nel secondo atto, dove la "caverna montana" rimane solo nel ricordo di chi conosce il testo, compare una gigantesca Nike, in luogo dell'Angelo muto intagliato in un ceppo di noce, sicuramente più facile da portare a Roma "sopra una mula". Lo spettacolo ha concluso un anno di eccellenti manifestazioni (promosse dal Marrucino) per il centenario della «Figlia di Iorio» che, proprio a Chieti, il 23 giugno 1904, ebbe il debutto abruzzese alla presenza di d'Annunzio, tre mesi dopo quello nazionale.