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di VALENTINA INSINNA L'UNA indossava pantaloni e redingote, l'altra amò il giovanissimo figliastro.

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Avide di libertà e di indipendenza, le due scrittrici hanno combattuto per con quistare una autonomia come stile di vita e le donne di oggi devono a loro molto. Ma quale eredità hanno lasciato? «Io Colette l'ho conosciuta - ricorda Maria Luisa Spaziani, la poetessa musa di Eugenio Montale che la chiamava con affetto "la volpe" - Nel '53 avevo una borsa di studio a Parigi: lei viveva in un appartamento al Palais Royal e io volevo assolutamente conoscerla. Grazie ad un amico, Francis Carco, con uno stratagemma riuscii ad entrare in casa sua durante un'intervista: lei era già paralizzata e riceveva sul suo famoso sofà rosso. Alla fine lei cacciò via tutti tranne me: aveva scoperto la mia vera identità. Ma mi offrì un dolce marocchino e mi fece i complimenti per il mio tailleur nero con delle righine azzurre. A Como le cercai una stoffa simile ma lei morì prima». Di George Sand invece la Spaziani evidenzia che «sì, l'hanno studiata per i suoi romanzi, ma la sua importanza sta nell'originalità sociale e politica che ne fece una femminista "inconsapevole", una vera socialista che lavorò per il riscatto delle classi operaie. Lenin aveva accanto al suo letto i libri della Sand. Ci ha lasciato l'indipendenza di giudizio e di condotta, la sensibilità verso i sottoposti e le donne lo sono sempre state». I loro scritti ce le raccontano "pioniere del femminismo", ma è davvero così? «Era una sorta di femminismo allo stato brado e comunque una simile interpretazione può ingannare - analizza con lucidità Adele Cambria, giornalista, femminista, scrittrice - certo, la Sand per essere accettata indossò abiti maschili, Colette usò il proprio corpo esibendosi al music hall a seno nudo, "un modo onesto e duro per sopravvivere" diceva lei stessa che doveva rendersi autonoma da un marito sfruttatore». Colette e Sand non tennero mai conto dei pregiudizi altrui. «Quando si comincia a pensare con la propria testa non è una scelta: accade e basta, e a loro è accaduto di essere un passo avanti, in tutti i campi, rispetto al pensiero corrente», dice Patrizia Carrano, autrice de «Le scandalose», ritratti di donne che hanno sfidato i preconcetti altrui, da Cleopatra a Wally Simpson, da Cristina di Svezia a George Sand, appunto. «La loro è una lezione per noi che parliamo di una parità ancora lontana, in Italia il 52 per cento degli elettori è donna ma poi in Parlamento quante ne siedono? La Sand era una qualunque fanciulla della sua epoca, allevata dalla nonna che per lei sceglie il marito, ricorda un po' la nostra Sibilla Aleramo che in più subì una violenza sessuale. Poi non ce la fa più, vuole essere se stessa. Ma non voleva certo essere un uomo: piccola, grassotta, faceva marmellate». Due donne che oggi sarebbero due manager di se stesse poiché l'indipendenza finanziaria la conquistarono grazie alla loro penna. Conoscevano la macchina editoriale in un mondo, quello delle lettere, essenzialmente maschile. La storia racconta che la Sand esigerà di essere retribuita anche in caso di malattia e che Colette, feroce negoziatrice, ebbe le più alte percentuali sulla vendita dei suoi libri. «Mi interessa Colette esclusivamente come scrittrice - premette Lidia Ravera, autrice del famosissimo «Porci con le ali», escludendo ogni aggancio al femminismo - con lei le donne hanno iniziato ad avere una immagine positiva di sé e dunque a scrivere e a pensare di poter produrre cultura, invece di fare solo figli. Ci ha lasciato i suoi romanzi e la grande capacità in dagatrice dell'animo femminile, trasgressività e coraggio nel raccontare le donne come veramente erano. Consiglio di leggere "Nascita del giorno", che racconta che cosa sia veramente invecchiare per una donna, un tema-tabù». L'eredità di Sand e Colette arriva anche alle più giovani del nostro panorama letterario. «Amo di più Colette: dolce e spietata, consapevole di e

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