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di CRISTIANO DEL RICCIO WASHINGTON — Ha scavalcato persino John Kerry nel ruolo di anti-Bush.

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La Casa Bianca, che aveva definito pochi giorni fa il documentario «così oltraggiosamente falso da non valere un commento», ha reagito alla vittoria di Moore a Cannes con un rassegnato: «Siamo un paese libero. Questo è ciò che fa grande l'America. Ognuno ha il diritto di dire ciò che desidera». Con un abile montaggio di immagini Moore riesce a spingere a fondo l'attacco al presidente Bush, soprattutto sul tema della guerra in Iraq, con una efficacia che il candidato democratico alla Casa Bianca John Kerry, l'anti-Bush per definizione, non è ancora riuscito a trovare. Moore ha usato immagini disponibili ma mai usate da nessuno prima negli Stati Uniti, immagini di truppe americane e civili iracheni uccisi, di maltrattamenti ai detenuti, di soldati Usa mutilati dalla guerra, di accuse dei militari americani sulla inutilità del conflitto. La vittoria a Cannes apre la strada alla distribuzione del film negli Stati Uniti. La decisione della Disney di proibire alla sua consociata Miramax la distribuzione di «Fahrenheit 9/11» in America, si è rivelata disastrosa sia dal punto di vista politico che finanziario. «La Disney non è riuscita a censurare il film di Moore - osserva oggi il New York Times - ma è riuscita a ingigantire la sua statura di provocatore e di genio dell'auto-promozione». «La vittoria a Cannes ha trasformato il film in una miniera d'oro - ha commentato un esperto cinematografico americano - Potrebbe battere tutti i record d'incasso per un documentario». Il film uscirà negli Stati Uniti nel periodo cruciale della campagna elettorale. La speranza di Moore è che il documentario diventi per l'amministrazione Bush ciò che il suo precedente film «Bowling for Columbine» era diventato per i "signori delle pistole": un devastante atto di accusa. Moore aveva vinto due anni fa l'Oscar per il miglior documentario suscitando un putiferio quando aveva trasformato il suo discorso di ringraziamento, durante la cerimonia di consegna delle famose statuette, in uno sferzante attacco a Bush per la guerra in Iraq («Vergognati! Vergognati!») che aveva suscitato applausi e fischi. Con i suoi film, con i suoi libri best-seller («Dude wher's my country?», un altro sferzante attacco a Bush, in Italia pubblicato da Mondadori, è stato per sei mesi nelle liste dei più venduti), col suo sito Internet diventato una centrale di iniziative di opposizione, Moore è diventato una forza politica in America che, nel bene e nel male, non può essere ignorata. Odiato dalla destra, l'esuberante Moore è spesso criticato anche dai liberal, per la brutale rozzezza dei suoi attacchi, ma il populismo del regista, che si vanta di non avere frequentato l'università, è genuino e spesso in perfetta sintonia con gli umori della popolazione.

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