Aznavour, l'amore in sette note
Il segreto del suo successo è dovuto principalmente al linguaggio semplice usato nelle sue canzoni ma anche ai temi affrontati, siano essi dettati da una dolce estasi di vivere o dall'ironia connessa ad una angosciosa inquietudine. Testi che hanno sempre trovato il loro punto di riferimento nell'amore, un amore-passione, scritto e cantato nei termini più genuini dell'anticonformismo. E proprio l'accento moderno con cui queste canzoni rappresentano l'intimità dei sentimenti nei rapporti tra un uomo e una donna ce le rende familiari fino a confonderle teneramente con i nostri ricordi. «Charles, tu canti l'amore come mai è stato cantato fino ad oggi - ebbe a dire una volta Maurice Chevalier - con un vocabolario che è quello stesso dei gesti fisici dell'amore. Sì, sei il primo dei cantanti di tutti i tempi ad osar cantare l'amore come lo senti, come lo fai, come lo soffri». Charles Aznavourian nasce a Parigi da famiglia di origine armena. Il padre, ex cantante, gestisce un ristorante in rue de la Huchette, luogo di ritrovo della comunità armena della capitale. La madre di Charles, attrice, si separa dal padre poco dopo la nascita del figlio e torna in Armenia. Studia teatro e recitazione, crescendo al suono delle musiche popolari armene cantate nel locale del padre. Quando Hitler invade la Polonia, nel 1939, è già un giovane artista che festeggia il suo quindicesimo compleanno cantando le canzoni di Raymond Asso e Charles Trenet: più che di influenza, questi sono i suoi due poli d'influsso poetico. La gavetta è lunga, come pure il dopoguerra nel mondo dello spettacolo parigino, anche se l'incontro con il compositore Pierre Roche, con cui farà coppia per anni, faciliterà la sua maturazione, soprattutto dal punto di vista scenico. Al 1946 risale, invece, l'incontro più importante della sua vita, quello con Edith Piaf. Dopo averlo ascoltato in «Il pleut», la cantante esclama «Che ragazzo! Che ragazzo!», invitandolo nel suo appartamento in rue de Berri e l'ingaggia per un tour franco-svizzero. Riaccompagnadolo alla porta, lo rimprovera con un sorriso: «Tu sei artificiale, troppo! Le tue canzoni son piene di trucchi che in scena non possono essere usati, espressioni esagerate come mordo la sua spalla, l'amore zampilla, quando m'abbandono. Di un po': non sarai mezzo matto, per caso?». Dal 1946 al 1954, questo mezzo matto vivrà otto anni all'ombra di Edith Piaf. Ma non sempre sono rose e fiori. «Je hais les dimanches», che Aznavour ha scritto a New York, in un piccolo hotel della Quarantaquattresima Strada, viene rifiutata dalla Piaf, che sente quelle domeniche troppo false. La canzone verrà interpretata da Juliette Greco e manco a dirlo sarà un grosso successo. Da quel momento in poi per Charles Aznavour non ci sarà più bisogno di partner: è ormai un grande interprete che recita se stesso, somigliando a certi personaggi perdenti delle sue canzoni, brani da leggere e da cantare, esaltati da una capacità istrionica proverbiale. Le sue canzoni fanno il giro del mondo e anche l'Italia lo premia come chansonnier-attore: «Sur ma vie», «La mamma», «La bohème», «Come è triste Venezia», «L'istrione», «Ed io tra di voi» sono soltanto alcuni dei suoi successi da hit parade. Canzoni facili e popolari, che hanno fatto di lui un interprete intramontabile, magari nella genuina tradizione masochistica francese, ma sempre di grande godibilità. Stufo che i politici lo usassero come simbolo dell'evasione fiscale (ma ora la Francia lo sta tentando insignendolo della Legion d'Onore), Charles Aznavour vive da anni negli Stati Uniti, nel Connecticut, a quaranta minuti da New York, anche se riesce difficile immaginarlo come un ottantenne americano in vacanza.