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Siamo scrittori o rockstar?

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Scenderanno qui molte delle firme che partecipano al Festival Internazionale delle Letterature (dal 21 maggio al 22 giugno alla Basilica di Massenzio). Dal nostro Antonio Tabucchi innamorato di Pessoa al Premio Nobel 2003, il sudafricano John Coetzee, da Banana Yoshimoto a Guillermo Arriaga sceneggiatore del film «21 grammi» interpretato da Benicio del Toro e Sean Penn. Una decina tra i nomi più interessanti della letteratura mondiale. Lo scrittore, dunque, abita qui, nell'hotel Capo d'Africa, incastonato in zona Celio. E già fervono i preparativi perché, da oggi dentro questo edificio primi Novecento, li vizieranno e proteggeranno. Già, ma loro, gli scrittori, che ospiti sono? Chissà se dormono e mangiano come noi oppure, messo da parte il loro libro, si trasformano in strane creature. Chissà se chiedono l'impossibile come fanno le stelle del rock o conservano una certa sobrietà. Insomma lo scrittore fa i capricci? «È gente che sa stare al mondo e quindi sembrano i vicini della porta accanto - raccontano con certo orgoglio al Capo d'Africa, abbozzando un profilo psicologico di queste penne famose, coccolate come figlie predilette - sono personaggi atipici, dotati di rara sensibilità». Dunque cade il mito dello scrittore maledetto, incontentabile e bisbetico? Forse, perché loro familiarizzano con tutti e non sono dei «trouble makers», insomma gente che crea problemi. Qualche esempio? Ad aggirarsi negli ambienti progettati dall'inglese Harry Gregory che ci ha messo di suo tutto l'informale e il contemporaneo, sarà la giapponese Yoshimoto, classe '64 che ama i fiori rossi del banano da cui ha tratto il suo pseudonimo, Banana, appunto. A Roma si porterà dietro tutte le ansie di mamma, visto che lo è diventata da poco. Sarà qui con la sua piccola corte orientale e con il suo frugoletto. In albergo la tranquillizzeranno mettendo nella sua camera un lettino e avvicinando il lettone alla parete, a prova di cadute. Ma per qualcuno la visita a Roma è l'occasione per un viaggio con papà: è il caso della giovane Jumpa Lahiri, nata a Londra e laureata a New York, tradotta in 29 lingue. Vedrà la città Eterna accompagnata dal genitore bengalese. Perché sì, Roma è da non perdere. Lo sa Don De Lillo, nato nel Bronx da una famiglia di origine italiana, uno dei maestri della narrativa postmoderna americana. Se nei suoi romanzi ci sono sangue, violenza, inquinamento, terrorismo la sua vita quotidiana è così normale che si tiene lontano dalle mondanità preferendo una riservatezza che sfiora l'isolamento: «È una persona semplice e per lui, nostro ospite l'anno scorso con una coppia di amici - dicono nell'albergo - organizzammo itinerari culturali alternativi per la città con guide private». Anche Paul Auster (Trilogia di New York, Il libro delle illusioni) alloggiò qui l'estate passata con moglie bellissima e figlia al seguito. Abitava la suite con terrazza privata sul Colosseo. E non chiese altro. Perchè la storia e i monumenti erano lì fuori, proprio ad un passo. Ed è proprio per la storia e per i suoi ruderi che gli scrittori sono a Roma. E per il clima e il cibo. Ma soprattutto per il calore della gente, perché oramai si è sparsa la voce: l'anno scorso a Massenzio sono andate (in media) duemila persone a sera e non è poco considerando che gli italiani non sono (ancora) un popolo di lettori forti. Ma tant'é. Si comincia venerdì sera con Antonio Tabucchi.

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