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Ernesto Guevara, su due ruote verso il mito Alla Croisette anche Alberto Granado, compagno di avventure nel 1952 del futuro leader rivoluzionario

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Queste parole appuntava nel 1952 in un diario Ernesto Guevara, che più tardi sarebbe diventato il mito rivoluzionario Che. Parole che hanno fatto da guida al regista brasiliano dell'Oscar per «Central do Brasil», Walter Salles, che per cinque anni ha lavorato al film. Dopo essere stato applaudito al Sundance Festival, «I diari della motocicletta», prodotto da Robert Redford, scritto da Josè Rivera basandosi sul libro di Guevara «Latinoamericana» e su «Un gitano sedentario» del suo amico e compagno di viaggio, l'inseparabile Alberto Granado, arriva in concorso al Festival di Cannes mentre in Italia uscirà domani distribuito dalla Bim. «Abbiamo impiegato cinque anni - ha raccontato Salles - per lavorare con il massimo rispetto e delicatezza. Per tre anni abbiamo fatto ricerche su quel viaggio, incontrando in Cile, Argentina e Amazzonia le persone che avevano conosciuto Ernesto e Alberto, con gli attori abbiamo fatto una preparazione inusuale. In mente avevamo un solo progetto: rispettare la memoria di quell'esperienza. Forse per questo, contrariamente a quanto accade quando giri un film, le persone, specie quelle anziane che avevano conosciuto i due ragazzi, ci hanno chiesto di partecipare alle riprese. È stato molto commovente». Perchè fare oggi un film su Guevara? «È un film d'attualità. Lo spunto è stato il libro che raccontava quel loro viaggio del '52 attraverso il continente. Ma le cose da allora non sono cambiate di molto: i problemi strutturali dell'America Latina sono rimasti gli stessi, la distribuzione delle terre, le differenze sociali tra classe ricca e povera. Mentre preparavamo il film, facevamo anche noi il loro stesso viaggio e piano piano - ha spiegato Salles - ci siamo resi conto che al di là del diverso contesto storico, stavamo facendo un film non sul passato ma sul presente. La consapevolezza, la presa di coscienza di Ernesto Guevara è diventata la nostra: il film rappresenta quel sentimento di urgenza e di attualità. Abbiamo scoperto che la verità del '52 è la realtà di oggi. Ernesto e Alberto - ha proseguito - erano partiti da studenti, sapevano di più degli antichi romani e dei fenici che della cultura inca. Quell'esperienza, paese dopo paese, incontro dopo incontro ha fatto guardare con altri occhi a quel continente». Salles ha scelto Gael Garcia Bernal, l'emergente attore messicano che ha aperto il festival di Cannes come protagonista del film di Pedro Almodovar «La mala educacion», per interpretare il giovane Che. E Rodrigo de la Serna per il ruolo di Alberto Granado. «Abbiamo letto tutto quello che si poteva su Che Guevara e quel viaggio - ha raccontato Bernal - abbiamo incontrato tante volte Alberto e parlato con lui di Ernesto, abbiamo seguito persino un seminario sul contesto politico sociale di Argentina, Cile e Perù». A Cannes c'era anche Alberto Grenado, il compagno di viaggio del Che, oggi 84enne, venuto da Cuba per raccontare la sua amicizia con Ernesto Guevara. «Non è facile vedersi rappresentati da giovane ora che l'età è avanzata. Sapevo però di poter contare sulla sensibilità del regista e degli attori. Quel viaggio con Guevara è parte della mia vita. Sono anziano, ho avuto un infarto ma il mio cuore mi permette ancora di avere emozioni. E questo film me ne ha date parecchie perché ha colto in pieno lo spirito di quel viaggio avventuroso alla scoperta della vita. Guevara chiamò il "gitano sedentario", come aveva soprannominato il suo compagno di avventura, a Cuba per fondare la scuola di medicina. E a L'Avana, dove vive con moglie, figli e nipoti, Grenado è rimasto, coltivando il ricordo del mitico amico.

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