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Moda e monumenti, guasta la grandeur

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«Parigi appiattita sul modello di Rimini, dove tutto è show. Roma non la imiti»

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Come? Attraverso la musica, il teatro, l'arte contemporanea, la moda e gli spot pubblicitari. È questa la nuova frontiera del Terzo millennio. Questa la via tracciata da alcuni studiosi per far rivivere il nostro patrimonio artistico. E per aiutare il made in Italy. Perché, «spinto» dalle bellezze italiche, aumenti il suo peso sulla bilancia della concorrenza estera. Ma c'è l'alea di una spettacolarizzazione che appiattisce contemporaneamente «vetrina» e «merce». «Roma rischia di diventare come Parigi che negli ultimi anni ha subito una sorta di "riminizzazione" - dice Pietro D'Oriano, docente di Storia dell'estetica alla facoltà di Filosofia dell'Università La Sapienza di Roma - Tutto è diventato spettacolo, la capitale francese sembra uguale a tante altre. Per aiutare il made in I taly, invece di sfruttare i monumenti a fini commerciali, sarebbe più utile abbassare i prezzi proibitivi degli alberghi, liberare le piazze dall'invasione dei tavolini (la piazza del Pantheon è diventata una mensa a cielo aperto) e lavorare su un turismo "colto", che porti i giovani ad avvicinarsi al passato in maniera intelligente». Sulla stessa riva del Tevere c'è il critico d'arte Vittorio Sgarbi che ha appena fondato, tra l'altro, il Partito della bellezza e si schiera con il sovrintendente archeologico capitolino, Adriano La Regina, sostenendo che i monumenti vanno preservati e aperti solo a eventi di grande qualità. «Se è vero che il nostro paese è il più bello - dice - se non produce ricchezza è solo colpa della stupidità degli amministratori». Di diverso avviso Luisa Valeriani, docente di Sociologia dell'arte e della moda alla facoltà di Scienze della comunicazione alla Sapienza: «L'Italia è due cose: beni culturali e moda. Metterli insieme vuol dire evidenziarne la qualità reciproca. Per rivitalizzare ciò che altrimenti resterebbe inerme, la strada giusta è l'interazione. Il Colosseo, per esempio, potrebbe ospitare la presentazione delle nuove divise della Roma e della Lazio. Il recupero dell'identità culturale del passato verrebbe così adattata a una funzione contemporanea». Al sovrintendente La Regina, che teme una sovraesposizione dei monumenti che può rovinarne l'immagine, risponde Pietro Giovanni Guzzo, sovrintendete agli scavi di Pompei: «Luoghi come il Colosseo o Pompei, hanno già una enorme notorietà in tutto il mondo. Credo, invece, che spettacoli ed eventi culturali all'interno di monumenti siano possibili solo se non comportano rischi per la tutela del monumento stesso e se l'organizzazione dell'evento, oltre a garantire la tutela, rende possibili gli standard di sicurezza per il pubblico (accessi, illuminazione, servizi). E questo ovviamente ha dei costi, spesso proibitivi. La Soprintendenza Archeologica di Pompei ha sempre richiesto agli organizzatori di eventi un completo e dettagliato progetto tecnico, nel quale siano descritte le installazioni necessarie, come ad esempio palchi o gradinate, per valutarne la compatibilità con la tutela. Fino ad oggi abbiamo messo a disposizione di varie manifestazioni, la Palestra, l'Anfiteatro e il Teatro Grande. E tutte avevano gli standard richiesti. Altre volte, come nel caso del Festivalbar, per il quale necessitavano opere che limitassero il forte impatto sul monumento che un tipo di manifestazione del genere comporta, la nostra richiesta è risultata troppo alta per gli organizzatori». Anche David Zard, che di eventi ne ha organizzati tanti, e che, oggi, vorrebbe tanto ricostruire le atmosfere dell'antica Roma con una rappresentazione teatrale al Circo Massimo, ritiene che nulla può essere realizzato senza un «patto di conservazione». Però aggiunge: «È inutile dire che abbiamo il più grande patrimonio artistico se poi rimane impolverato e nessuno lo vede».

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