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Calano le tirature, mancano nuovi talenti. Alla Fiera del Libro i vignettisti doc si sono chiesti perché

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L'età oscura della satira

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Francesco Cossiga, umorista praticante, anche se talvolta involontario, avrebbe dovuto moderare l'incontro, ma ha dovuto dare forfait, per «gravi motivi di famiglia», all'ultimo istante. Così l'incarico è passato al corsivista Michele Serra. Un «fatto satirico in sé», ha commentato l'ex direttore di «Cuore» prima di passare a presentare gli ospiti: Sergio Staino dell'«Unità», Emilio Giannelli del «Corriere della sera» e il grandissimo Vincino, del «Foglio» e del «Corriere della sera». Giorgio Forattini non c'era. A quanti facevano notare la singolare assenza, proprio qui, nella capitale sabauda, del nostro più illustre talento satirico, editorialista principe della «Stampa» di Torino, Staino ha risposto facendo spallucce: a lui Forattini non piace. Michele Serra, a questo punto, avrebbe potuto opporgli il «chissenefrega» che, ai tempi di «Cuore», era uso intimare per molto meno agl'incauti. Ma Serra è un signore e ha preferito lasciar correre. Poi tutti sono passati a vantare la grande libertà d'espressione di cui godono le loro battute e vignette sulle pagine delle rispettive testate. Tutti tranne Vincino, spirito anarchico, il quale ha subito spettegolato che, all'epoca in cui D'Alema querelò il «Corriere» per lesa maestà, gli fu chiesto d'evitare di prendere per il naso, e men che meno per l'onoratissimo, l'Unto di Gallipoli. Vincino, tra tutti, è stato anche il solo a rimpiangere l'epoca beata dei giornali satirici puri. All'estero i giornali satirici invadono le edicole. Da noi niente, almeno negli ultimi dieci anni. E anche prima molto poco. Un motivo ci sarà, del resto. Emilio Giannelli, per chiarire meglio il problema, ha ricordato la storia del «Candido» e di Giovannino Guareschi, che negli anni Cinquanta finì in galera, tra le altre accuse spropositate, per aver vilipeso Luigi Einaudi, all'epoca Presidente della Repubblica, e le sue bottiglie di dolcetto, che venivano allegramente reclamizzate come «vino del Presidente» dalla ditta di famiglia. Anche Staino era dubbioso: i giornali satirici, da noi, sono sempre nati puntando un bersaglio: «Il Male» per mettere alla berlina il compromesso storico, «Tango» per rincuorare la sinistra alla vigilia della caduta dei muri, «Cuore» per sbertucciare l'era craxiana e la Milano da bere. Oggi la satira è ormai dappertutto: appare in televisione, è al posto d'onore nelle prime pagine dei giornali, s'affaccia anche dai titoli sberfloni della stampa quotidiana. A che pro un giornale specializzato? Michele Serra ha detto di non credere che le vecchie glorie della satira (lui stesso e i presenti) conoscano davvero il mondo com'è oggi. Soltanto dei giovani potrebbero raccontare con un giornale satirico il tempo presente senza cadere nel birignao moralistico e nella retorica strappacore. Ma ai giovani la politica dice poco. Non hanno voglia di riderne con la giusta indignazione e l'esatto furore. Hanno altro da fare. Applaudire il Gabibbo, il più borioso dei difensori civici, e leggere l'ultimo best seller di Sconsolata.

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