LE CONFESSIONI DI FIORELLO
«Avrei potuto finire come Pantani»
Perché se non avessi afferrato quella seconda possibilità, ripulirmi, cambiare strada, ripartire, avrei potuto esserci io al suo posto. Ho visto la mia fotografia sovrapposta alla sua». Fiorello racconta gli anni dell'inferno della cocaina in un'intervista sul nuovo numero di «Vanity Fair». «Era la metà degli anni Novanta - spiega lo show-man - giravo con le guardie del corpo, l'addetto stampa, le segretarie. Avevo fidanzate da rotocalco e storie da una botta e via. Non parlavo più con nessuno, tiravo cocaina, mi sentivo un duro, invece ero un pupazzo. La coca è una droga infame che si approfitta di te, ti prende in giro, finge di diventare la tua amica più intima e più innocua. Io vivevo a casa con la coca senza più vedere nè sentire». Ad aiutarlo ad uscire dalla cocaina, la moglie Susanna Biondo e il padre: «Mi ha aiutato l'idea che non avrei mai più fatto qualcosa che poteva nuocere a me e a lei. Mi ha aiutato anche mio padre, il suo ricordo. Probabilmente da vivo non avrebbe saputo cosa dirmi. Mi ha aiutato da morto». Poi una battuta sul premier Berlusconi: «L'ho conosciuto tanti anni fa allo Sporting di Montecarlo, serata di gala di Publitalia, mi disse che ero bravo, che avrei fatto tanta strada se avessi tenuto la testa sulle spalle. Mi disse: impara da Mike».