Piace l'ateneo che si sposa con il lavoro
SULLA STRADA DELLA RIFORMA
Se lo sono chiesto anche i partecipanti ieri alla Conferenza dei Rettori delle Università in visita alla mostra romana sul Guercino allestita alla Stazione Termini, organizzata dalla De Agostini e curata da Sgarbi e Sir Dennis Mahon. Va bene che cambiare è sempre rischioso ma che addirittura si accusi il ministro di voler confutare l'evoluzionismo darwiniano - come se poi ciò appartenesse alla summa dei testi sacri da non potersi mai criticare - è un po' eccessivo. È stata istituita, tra l'altro, una commissione che, presieduta da Rita Levi Montalcini e Carlo Rubbia, veglierà sul rispetto dei principi scientifici. Nessuna presa di posizione antievoluzionista, dunque, ma il dibattito sui contenuti della riforma - dall'introduzione dell'insegnamento dell'inglese e dell'informatica sin dalla scuola elementare all'istituzione di un servizio nazionale di valutazione a doppia competenza con verifica periodica delle conoscenze e abilità maturate dagli studenti con valutazione del nuovo sistema informativo - rischia di incrinarsi soprattutto sulla questione universitaria e sul reclutamento del personale docente. La riforma del ministro dell'Università e della ricerca, infatti, punta al miglioramento degli atenei in base all'istituzione di un concorso nazionale che vorrebbe porre un freno al potere baronale e stimolare i neoassunti a dare il massimo prima di ottenere la conferma in ruolo. Una università all'americana, insomma, con l'aspirazione - verrebbe da dire un po' utopica - di dare giustizia ai meriti e formare classi dirigenti preparate e competenti. Ma è realistico pensare che «il valore aggiunto del progetto Moratti è quello di consentire ai ragazzi di scoprire i loro reali interessi e di compiere un percorso che preveda uno stretto contatto tra mondo del lavoro e scuola», come ha sottolineato recentemente Antonio D'Amato. Premiare i meriti e le attitudini per guardare al futuro, insomma. Ma Giorgio Rambaldi, presidente dell'Associazione nazionale presidi, frena gli entusiasmi: «La legge non ha copertura finanziaria - sottolinea - tanto è vero che sono richiesti ulteriori passaggi legislativi per finanziare le innovazioni». Silvio Fortuna, delegato di Confindustria per l'educazione, plaude all'alternanza scuola-lavoro e alla nascita di percorsi formativi durante i quali «i giovani lavorano in aziende vere con processi tecnologici avanzati tali da rendere la loro esperienza immediatamente attuabile e spendibile». Ma il problema del reclutamento universitario permane. «La riforma possiede aspetti interessanti e positivi - ricorda Riccardo Varaldo - essa è un contributo che permette al mondo universitario di uscire all'esterno, non cristallizzando su se stesso i canali di comunicazione principali. Inoltre il mercato del lavoro non rimane isolato e, non dando subito la garanzia del posto fisso, chi decide di fare questo mestiere dovrà averne la vocazione». Di tutt'altro avviso Aniello Civitile che spiega: «Per chiamarla riforma ci vuole un grande ottimismo. Così come è, ritengo sia infondata e intempestiva perché non corrisponde al reale fabbisogno delle università». Una posizione intermedia è quella di Giacomo Zanni, delegato del Rettore di Foggia. «Ci sono aspetti condivisibili - sottolinea - che potrebbero migliorare l'efficienza del sistema universitario ed ottenere risultati adeguati. Ma i mezzi e le azioni con cui si vogliono raggiungere questi risultati, non mi convincono». Anna Corradi, docente dell'università di Modena e Reggio Emilia, aggiunge: «Questa riforma è da aggiustare sotto molti aspetti. Ma potrebbe, con tempi e metodi adeguati, produrre buoni risultati».