IL NUOVO LIBRO DI BUSCAROLI
Il volume è in libreria dal 21 aprile. Buscaroli, c'era proprio bisogno di tornare su Beethoven, di cui sono colme le biblioteche del mondo e di cui tutto si conosce? «La verità è che una sistematica e soprattutto affidabile storia della vita del Nostro non esisteva ancora. Io ci ho provato, lavorando per quattro anni ininterrotti, per 10, 12 ore al giorno, tutti i giorni. Beethoven non ammette convivenze». Considerato l'impegno profuso, non sarebbe stato piú utile scrivere, anziché una biografia, un'opera d'approfondito carattere musicologico? «Troppi hanno cianciato e ancora cianciano sui capolavori beethoveniani ma nessuno ha capito che quei capolavori nascono unicamente dalla biografia dell'autore, senza la quale risultano incomprensibili. "Vi è solo biografia", ha annotato Nietzsche nei suoi "Fragmenta". Io ho voluto restituire l'immagine revisionata del compositore tedesco, sottrarlo all'immondezzaio dei luoghi comuni. Ho accettato una sfida terribile. E mi pare assai singolare che ora sia proprio un italiano a restituire il vero Beethoven ai tedeschi, che lo hanno, anche loro al pari di francesi, inglesi e americani, frainteso, tradito ed umiliato per circa due secoli». Può portare un esempio di «tradimento» ai danni del compositore? «Quante volte abbiamo ascoltato da conferenzieri improvvisati o letto su libri osceni - e da qui la discesa fino ai testi scolastici e agli orripilanti opuscoli divulgativi - che il Nostro era un illuminista, un kantiano, un giacobino, e via elencando siffatte panzane? Lui non era niente di tutto questo. Di Kant non conosceva che la solita frase fritta e rifritta circa le stelle sopra di noi e la legge dentro di noi. Beethoven non era un filosofo, l'Aufklärung gli era remota: remoto quel razionalismo lucido e ambiguo. Nulla di piú alieno dal suo pathos irruento». Scrive nel libro che la stessa «Nona Sinfonia» ha tutt'altro significato da quello che gli attribuiamo di solito ed all'unanimità: un inno alla pace, alla gioia, alla fratellanza dei popoli, etc.... «Già, la "Nona" non è una bischerata d'europeismo ante litteram, né un manifesto della solidarietà fra genti, o massoni, all'insegna di un ideale squisitamente settecentesco. Al contrario, la Sinfonia in re minore è un canto patriottico, anti francese, votato e destinato al popolo tedesco: una sinfonia "allemande", come voleva chiamarla Beethoven: di protesta, violenta. E il tentativo disperato di un "eroe" di riscattare il proprio popolo. Ho scritto in una pagina del mio libro che sono fortunate le culture che, quando tutto si polverizza e muore, hanno eroi a cui aggrapparsi». La sordità fu decisiva nel processo creativo del maestro? Ci aspettiamo una risposta per cosí dire revisionata, ossia negativa... «Infatti, la musica per lui era un linguaggio interiore. L'ascolto e la comunicazione del mondo esterno non influivano sulla propria arte». Così parla Buscaroli, documentato iconoclasta, bastian contrario fra i piú rinomati. E. C.