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In un libro-intervista la vera storia di Democrazia Nazionale. Ne anticipiamo alcune pagine

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Quando la destra cominciò a cambiare pelle

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Intervista su Democrazia Nazionale», a cura di Marco Bertoncini, con presentazione di Aldo A. Mola (Bastogi Editore, 152 pagine, 10 euro). Per concessione dell'autore, pubblichiamo un estratto della prefazione, stesa dal professor Francesco Perfetti. di FRANCESCO PERFETTI LA VICENDA di Democrazia Nazionale fu breve, tre anni appena dal dicembre 1976 fino al dicembre '79: il movimento apparve e scomparve come una meteora nel cielo della politica italiana in una delle fasi più turbolente della storia della I Repubblica tanto sotto il profilo dell'ordine pubblico quanto sotto il profilo della stabilità e delle prospettive politiche. Tuttavia è una vicenda che merita di essere studiata perché rappresenta, per un verso, un capitolo significativo della storia della destra italiana del secondo dopoguerra e, per altro verso, un tentativo marginale, ma non insignificante, di razionalizzazione di un sistema politico bloccato o ingessato proprio dalla mancanza di una componente di destra moderna e moderata. Già solo per tale motivo la pubblicazione di un nuovo contributo sull'argomento - questa intervista di Raffaele Delfino a Marco Bertoncini, corredata, peraltro, di un'assai ricca e rilevante appendice documentaria composta di materiale in gran parte inedito o sconosciuto - è da salutare come una buona occasione, tanto per gli studiosi quanto per coloro che si occupano di temi storici (...). Il fatto, poi, che la testimonianza sia proprio quella di un uomo come Delfino - che di Dn fu anche segretario e che, pur da parlamentare del Msi, si era impegnato a fondo per tentare l'inserimento della destra nel gioco democratico e per avviare un dialogo con il mondo cattolico - ne lascia intendere l'importanza: e, infatti, in essa lo storico, per esempio, troverà la documentata smentita di quella consolidata leggenda metropolitana tesa a collegare la nascita di Dn agl'interessi politici di Andreotti e del suo partito. Una leggenda che lo stesso Andreotti cercò di smentire, per esempio scrivendo privatamente a Montanelli il 29 febbraio 1986 di aver appreso della scissione dal Msi e della creazione di Dn «dai giornali» (...). In realtà, la nascita di tale movimento fu in primo luogo espressione del diffuso disagio che albergava in certi settori della destra italiana del tempo, segnatamente del Msi, i quali mal sopportavano, ormai, il continuo e sterile richiamo nostalgico al passato, che la segreteria di Almirante (...) di fatto, malgrado le smentite e le dichiarazioni ufficiali, finiva per tollerare nella misura in cui contrastava la nascita di formazioni politiche alla destra del partito e in cui cercava di riassorbire quelle già esistenti. Non solo: quella segreteria - che pure ebbe meriti storici non indifferenti per le vicende del partito stesso e per il suo accreditamento politico - fu caratterizzata, in virtù della personalità stessa del leader, da un rapporto diretto fra la base dei militanti e il leader carismatico, un rapporto che eliminava le strutture intermedie (come le correnti organizzate) e riduceva o mortificava la dialettica interna in nome dell'unanimismo. Orbene, i settori, di cui prima si diceva, finivano per essere schiacciati o, comunque, depotenziati da questo tipo di gestione. Essi, soprattutto guardavano al futuro non già da una posizione di contestazione globale o di alternativa totale al sistema politico italiano del tempo, ma da una prospettiva moderna di convinta adesione e partecipazione alla dialettica democratica ed erano mossi da una volontà di inserimento a pieno titolo nelle regole e nei giochi della politica democratica. La maggior parte di coloro che, poi, avrebbero dato vita a Dn erano persone le quali non intendevano affatto rinnegare il proprio passato con semplicistiche e improbabili abiure, né spostarsi da destra a sinistra, ma che, tuttavia convinte della necessità di un ripensamento critico e di un superamento storico di un modello irripetibile di Stato qual era quello fascista, postulavano la necessità di re

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