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Vita epica di un prete in trincea

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Don Ennio catapultato nel caos urbano di una parrocchia milanese«Se io li amo così deboli, così poveramente carnali, così umani come non potrebbe amarli Dio?» La forza della fede nasce dalle esperienze quotidiane

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Da tutto questo, nasce un romanzo ben diverso dagli altri di Parazzoli, scrittore di ormai lunga e collaudata militanza letteraria, poiché la durezza — talvolta temperata dalla lenità di un eloquio che nasce da una fede religiosa profonda e incrollabile — potenzia l'intera vicenda di una carica di verità che proviene dai fatti, sgorga dalle singole avventure che si dipanano al centro di un convulso e nevrotico catino di storie parallele e divergenti, chiuse e aperte. Tutte le figure che scorrono nel testo, è capitato di incontrarle e di evitarle, talvolta, non però di disconoscere o fingere di ignorare il grande direttore d'orchestra, quel Dio che atterra e suscita di manzoniana memoria, cui affidiamo troppo di frequente disegni e resposabilità che, in virtù del libero arbitrio concessosi, sono tutte nell'ambito dell'uomo, inesorabilmente. Per queste e altre molteplici ragioni, Parazzoli è andato a cercarsi il suo protagonista in un giovane prete diocesano al suo primo incarico, coadiutore di una grande parrocchia della megalopoli. Don Ennio possiede il dono di una naturale e spontanea allegria, non quella di un naufrago, bensì di chi vede l'approdo alla terra sicura ad ogni svolta della vita, proprio quando il resto dell'umanità che lo circonda avverte l'inutilità o l'impossibilità dell'approccio: «Dio non può non amarci», proprio così pensai, «come potrebbe non amarci teneramente, dolcemente, con molta compassione, se siamo così deboli, così poveramente carnali, così umani? Se io li amo così, dietro quelle loro porte, inerti, magari, peccaminosi magari, nei loro panni intrisi dall'odore del cibo, miserevoli, come potrà dunque non amarci Dio?», riflessioni che sgorgano come contrappunto di vite parallele e disuguali che lo scrittore romano di milanese emigrazione osserva, e con le quali condivide frammenti di esistenza, ribellioni e assopimenti della coscienza, fughe e ritorni. Dal suo quartiere periferico dove ha trascorso la giovinezza, Don Ennio è stato come proiettato al centro del caos urbano, al vivo di un tumulto di vite e di comportamenti di cui deve gestire le radici e le concause: anche la sua adolescenza è stata ferita da lacerazioni profonde, il suicidio della madre fra l'altro, ma ora la realtà è diversa con un padre irascibile e una sorella che colleziona delusioni sentimentali, e soprattutto con quella grande moltitudine di gente che ruota attorno alla sua diocesi, e lo costringe a gestire se stesso e gli altri con il massimo equilibrio possibile. La purezza del cuore lo sospinge a lasciarsi invadere delle tragedie altrui, impietosamente: l'epicentro del dramma sacrificale è una ragazza, Paola, violentata in una comunità di handicappati, agonizzante, una creatura umana la cui vicinanza gli provoca la gioia e lo slancio della solidarietà e il disagio della pena, e allora, così duramente sollecitato, ecco scattare il meccanismo inesorabile della memoria che subito si popola di tutte quelle creature umane che ha avvicinato nel corso di una splendida vita, e ognuna di queste esperienze si fa carne e sangue: lo scavo tenace nella carne di una anoressica, la dolce ecuadoregna che dialoga con la Virgen de los desamparados, il congiungimento di un giovane cattolico con una ragazza non credente, una conversione tanto tragica quanto improvvisa sul tema tr

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