Pappano, carattere e virtuosismi

Pappano, londinese ma di nome e di origini italiani, formatosi negli States, in carriera da molti anni e attualmente direttore musicale al Covent Garden, nella Sala Santa Cecilia al Parco della Musica ha affrontato un programma variegato (che replicherà lunedì e martedì) tale da far prendere atto a trecentosessanta gradi delle sue attitudini direttoriali: la «Sinfonia n.22 in mi bemolle "Il filosofo"» di Haydn (1764), il «Psalmus Hungaricus op. 13» di Kodaly (1923) per coro, tenore - lo svedese Goran Eliasson - e orchestra, indi il Poema sinfonico «Also sprach Zarathustra op. 30» («Così parlò Zarathustra», 1896) di Richard Strauss. Nella Sinfonia haydniana, che si avviava alla perfezione formale del periodo londinese, Pappano ha rispettato e valorizzato con tempi larghi - ma anche con attenzione a tutte le qualità timbriche - l'austerità sacrale più che «filosofica» del primo tempo, facendone la parte più significante della Sinfonia, a parte il brioso finale, forse un segreto omaggio alla sua Italia. Nell'imponente Cantata di Kodaly su un Salmo di David, rorida di amore patriottico (cara anche a Arturo Toscanini), la cui preghiera era affidata allo stupendo, mormorante Coro ceciliano preparato dal maestro Gabbiani, oltre che alla drammatica voce tenorile di Goran Eliasson, la bacchetta di «Pappano ha plasmato vigoria, splendore, malìa arcana dei timbri, l'anima stessa del popolo invocante da Dio la pace. Nell'ambiziosa opera di Richard Strauss, ispirata all'omonimo testo di Nietzsche e venata di wagnerismo, l'accensione timbrica che veicola il fremito della Natura era esaltata dal direttore non solo nel suo contenuto vitalistico, ma anche nella sua rarefazione - «l'oltreuomo» - con intenti di lettura filosofica espressi molto bene in termini musicali. Ovazioni interminabili al maestro ed agli interpreti tutti.