Ponte top secret tra Usa e Vaticano
Più tardi suscitò grande scalpore il fatto che in pieno conflitto il governo di Mussolini gli consentì di venire a Roma, mentre il suo numero due era rigorosamente relegato in Vaticano insieme agli altri diplomatici dei Paesi belligeranti (per l'Unione Sovietica non c'era il problema in quanto non aveva relazioni con la Santa Sede). Ora che si possono consultare gli archivi, attraverso la lettura combinata dei dispacci con il Dipartimento di Stato e con la Casa Bianca, si comprende perché il Segretario di Stato considerasse di poca importanza la missione di Taylor, mentre verso il Presidente degli Stati Uniti in persona aveva un ruolo - attivo e passivo - più che rilevante. Su un punto rimane ancora qualche dubbio e cioè il resoconto dell'udienza con Pio XII nella quale era stato chiesto al Vaticano di esprimere in qualche maniera una posizione favorevole agli Alleati. La risposta negativa fu motivata dalla tradizione della Chiesa di tenersi sempre fuori dai conflitti bellici. Pio IX se avesse acceduto alla guerra all'Austria forse salvava il potere temporale. A sua volta Benedetto XV definendo la guerra «inutile strage» aveva suscitato una reazione furiosa degli interventisti. Pio XII andò oltre e disse che Stati Uniti e Inghilterra si illudevano pensando di essere loro a «contare» in Europa dopo la vittoria: chi avrebbe diretto il giuoco sarebbe stato Stalin. Su questo limpido concetto si sarebbe più tardi impostata una polemica contro Papa Pacelli tentando di farlo apparire come favorevole ad una vittoria di Hitler. La lettura degli archivi non mi pare ancora esauriente, ma certamente l'addebito al Papa è calunnioso. Taylor prima di assumere il ruolo diplomatico - anche senza formali lettere credenziali - aveva avuto una posizione di spicco nel mondo finanziario e in quello industriale dell'acciaio. Questo gli dava negli ambienti «alti» di Roma un accredito notevole. Di Nolfo riporta molto bene la visita fatta a Taylor dall'ambasciatore italiano Alberto Tarchiani designato per Washington, ma non ancora oggetto del formale gradimento americano. Di recente - lo cito per connessione di materia - ho curato l'edizione di una monografia molto interessante scritta dall'attuale ambasciatore USA presso il Vaticano Nicholson sui rapporti tra gli stessi USA e la Santa Sede. Una prefazione di Colin Powell accresce importanza al saggio, che inizia ricordando che Pio VI chiese a George Washington se poteva nominare un vescovo. La risposta fu che gli Stati Uniti erano nati per dare a tutti libertà; e gli sembrava addirittura strano che il Papa chiedesse il loro consenso.