di GIAN LUIGI RONDI EVILENKO, di David Grieco, con Malcolm McDowell e Marton Cjokas, Italia, 2004.
Con l'aggravante che, oltre ad essere un assassino seriale, è anche un antropofago. Ce lo racconta, esordendo nella regia, David Grieco, già apprezzato nel cinema come sceneggiatore, dopo anni di giornalismo. Lo spunto, un suo romanzo, «Il comunista che mangiava i bambini», in cui, sotto il nome di Andrej Evilenko, parafrasava i misfatti orrendi di quell'Andrej Cikatilo, definito il «mostro di Rostov», giustiziato a metà degli anni Novanta dopo aver ipnotizzato, seviziato e addirittura mangiato più di una cinquantina di adolescenti di ambo i sessi. Grieco, anche nel suo romanzo, pur partendo da un personaggio reale aveva lavorato di fantasia, immagina che il «mostro», non a caso con il Demonio («Evil») nel nome, sia un insegnante di provincia che, pur radiato per pedofilia, continua a perpetrare indisturbato i suoi crimini anche perché, a un certo momento, ha trovato modo di affiliarsi al KGB. Un poliziotto, però, si mette sulle sue tracce e pur faticando molto a trovare il bandolo della matassa perché l'altro, con una follia lucida, riesce sempre a depistarlo, arriva a fargli confessare, fingendo di mettersi al suo livello, tutti i terrificanti orrori che ha commesso. Consegnandolo finalmente alla giustizia. Grieco, che in una didascalia finale, continuando a giocare di fantasia sul personaggio, insinua che forse, anziché condannato a morte, sia stato «venduto» a istituti di ricerca straniera interessati a studiare le sue spaventose anomalie, con queste anomalie, più che sul realismo dei delitti, porta avanti la sua storia quasi radiografando la terribile malattia mentale che le aveva provocate. Con un linguaggio sostenuto da immagini torvamente claustrofobiche e mettendovi al centro Malcon McDowell: sempre a suo agio come «mostro». Una maschera dissennata che lacera.