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«MONSIEUR guardasigilli, sollecito la mia naturalizzazione e mi impegno a pagare i diritti necessari a tal fine.

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Quella organizzata nella questura di Parigi è un'esposizione interamente dedicata a documenti raccolti dalla polizia francese che tracciano minuziosamente la vita dell'artista spagnolo nella ville lumiere. Il dossier del pittore, finito in mano ai nazisti, poi ai sovietici, è stato ritrovato, più di 60 anni dopo, in un palazzone alla periferia di Mosca. La Francia l'ha ottenuto nel 2001 dopo lunghe trattative. Secondo quanto emerge dalle carte, la Francia rifiutò di concedere la nazionalità a Picasso, che abitò per oltre 40 sulla Senna. Il motivo? Forti sospetti che si trattasse di un «anarchico». Così, il pittore rimase spagnolo e mai rivelò ad alcuno il suo tentativo di diventare francese. Picasso sbarcò a Parigi nell'estate del 1901, e subito venne adocchiato e tenuto sotto stretto controllo dalla polizia che cominciò ad accumulare informazioni su di lui. Per anni fu raccolta un'infinita mole di appunti, con la descrizione dettagliata - a volte da un notevole lavoro di fantasia - della vita dell'artista. Ne è nato un gigantesco dossier che oggi assume un valore storico e biografico. Leggendo l'intera raccolta dei documenti, lo spionaggio dei movimenti di Picasso è talmente minuzioso da fornire l'impressione che un singolo poliziotto si sia impegnato per oltre trent'anni a seguire ovunque l'artista, controllandolo giorno e notte. In realtà si tratta del lavoro di numerosi agenti e informatori che non si limitarono a interrogarlo di tanto in tanto, com'era abitudine fare nei confronti di un qualsiasi straniero sbarcato in Francia, ma addirittura presero appunti dal portiere del palazzo di Montmartre dove abitava. «Arrivato a Parigi il 5 maggio scorso, risiede da questa data presso l'appartamento di un suo compatriota anarchico già sotto sorveglianza, Pierre Manach, che abita nello stabile numero 130, boulevard de Clichy», indica uno dei numerosi rapporti esposti nella mostra.

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