DOMANI SERA DIRIGE LA «NONA» DI MAHLER AL PARCO DELLA MUSICA DI ROMA

Nulla li accomuna se non l'eccezionalità della natura musicale ed interpretativa. Uno di questi sommi, il settantunenne Claudio Abbado, dirigerà domani sul podio della Jugendorchester, al Parco della Musica di Roma, la «Nona» di Gustav Mahler. Per chi ama la musica d'arte, un'occasione preziosa per ravvivare di verace fiamma il proprio amore per il linguaggio dei suoni. Per il maestro milanese, la musica d'arte non è mero oggetto estetico, bensí profondo contenuto d'umanità. Nessuno piú di lui è alieno da una concezione de «l'art pour l'art»: da una visione "decadente" della poesia. Per lui l'arte è realtà sublimata degli ideali morali di cui si nutre l'uomo. In altri termini: non già lo iato fra l'uomo e l'artista, ma l'identificazione della ricchezza spirituale dell'uomo nell'artigianato che tali ideali «ri-crea» sub specie aesthetica. Secondo Abbado l'arte è quotidianità esistenziale, esempio di realtà, espressione della coscienza dell'uomo in quanto essere-nel-mondo. Del pari, coabitano in lui il «furor poeticus» della natura musicale e la «longue patience» dell'interprete che s'applica ad un duro e rigoroso lavoro. E tanto piú l'esito delle sue interpretazioni appare sorgivo, solare, subitaneo, tanto piú la preparazione è stata strenua e laboriosa. Del resto l'opera d'arte non è mai adempiuta in sé ma s'invera nell'interprete-fruitore che la definisce «oggettivamente» attraverso la propria ineludibile soggettività-sensibilità interpretativa. L'opera non può rivivere, secondo diceva Gentile, se non diviene attività personale dell'interprete-fruitore. Ogni interpretazione della «Nona» di Mahler è un suo rifacimento, giacché quel capolavoro, in sé inerte sul pentagramma, è una potenzialità, non una realtà. La fisicità, ovvero il segno, dell'opera d'arte non è arte: la sua segreta essenza è la sua inesauribile spiritualità. Abbado non è un direttore «impersonale» come Lorin Maazel, che teme di sovrapporre la propria personalità a quella dell'opera d'arte. Né un «originale» che strumentalizza l'opera d'arte per mostrare presunte doti virtuosistiche e giullaresche. Abbado non è un direttore «originale», ma è originale nel cavare dall'opera d'arte il massimo dei suoi contenuti lirici. Non è «originale» nel gusto, ma il suo gusto sa coinvolgere il maggior numero di fruitori dell'opera in atto. Abbado non fa delle proprie interpretazioni un manifesto della propria soggettività, piuttosto uno strumento di penetrazione nell'opera, che appare cosí congeniale all'interprete. Diciamo congenialità una sorta d'affinità intima fra la sensibilità dell'interprete e la natura dell'opera. Nel maestro accade sovrattutto con Mozart, Rossini, Beethoven, Verdi, Mahler, gli Espressionisti viennesi e Nono.