IL PITTORE CHE DA ANNI DIPINGE LA «PASSIONE»
L'artista spiega così le analogie con il film del regista americano.«Usiamo lo stesso linguaggio, duro e diretto»
«Intendiamoci bene - spiega Bruno Grassi - nessuno di noi due ha copiato dall'altro. La ragione di questa somiglianza è dovuta al fatto che entrambi, sia pure per diverse vie, siamo arrivati agli stessi risultati visuali perchè ci siamo proposti di rendere le stesse pagine del Vangelo alle quali ci siamo entrambi sentiti vincolati in modo letterale». Non a caso Bruno Grassi opera da tempo, e con crescente successo, nell'arte sacra. Un settore, questo, che, dopo aver costituito per secoli gran parte della committenza artistica, ha perso peso e rilevanza anche se adesso è in forte recupero. E un quadro di Bruno Grassi dal titolo «Deposizione di Cristo» è stato collocato, proprio questa settimana, nella Basilica di Santa Maria degli Angeli di piazza Esedra, a Roma. La decisione è stata presa del Rettore della Basilica, mons. Renzo Giuliano. Commentando la sua ultima opera pittorica, Grassi sottolinea: «Ho affrontato lo stesso tema di Gibson, uso lo stesso suo linguaggio ma non sono debitore di nulla alla «Passione» per il semplice motivo che il film l'ho visto solo questa settimana, mentre sono molti anni che sto proponendo, con un approccio pressochè immutato, i miei quadri sulla Passione di Gesù Cristo. Un tema che ho reiteratamente dipinto perchè lo considero l'evento essenziale nella storia dell'umanità». Al film di Gisbson sono stati fatti molti elogi ma contro di esso sono state anche espresse numerose critiche. Si è parlato di sadismo, di violenza reiterata e gratuita. Il film è stato anche accusato di anti-semitismo. «Non sono assolutamente d'accordo con queste critiche che, alle volte, si sono configurate come autentiche aggressioni verbali», spiega Bruno Grassi che prosegue: «Anche le mie tele parlano lo stesso linguaggio, anche estetico, del film. Il fatto è che io e Gibson siamo entrambi aderenti alla cronistoria del Vangelo. Non inventiamo le sevizie al figlio di Dio. Le registriamo come cronisti diligenti. Certo, usiamo i nostri mezzi artistici ed espressivi ma entrambi ci proponiamo di essere scrupolosamente aderenti al testo e allo spirito del Vangelo. In questo nostro proposito sta forse la ragione del rigetto delle nostre opere da parte di alcune persone». A chi gli chiede come mai allora Pierpaolo Pasolini, nel suo «Vangelo secondo Matteo», rimesso in circolo in questi giorni nella sua versione restaurata, abbia un approccio meno truculento alla vita di Gesù, Grassi risponde: «Il film di Pasolini non è come dice il titolo: "Il Vangelo secondo Matteo" ma "il Vangelo di Matteo secondo Pasolini". Il suo è un Vangelo finemente reinventato, pieno di tensione poetica, ma resta un film reinventato». Grassi sottolinea: «L'approccio mio e di Gibson è invece quello letteralmente, quasi maniacalmente, aderente alla cronaca del Vangelo. Ed è per questo identico programma di lavoro ed artistico che siamo arrivati, pur non conoscendo l'uno il programma dell'altro, ne l'uno le soluzioni dell'altro, siamo arrivati, dicevo, alle stesse conclusioni figurative e narrative». La Passione di Cristo è un tema lacerante, che divide: «Dirò di più» aggiunge Bruno Grassi «è un tema che inquieta, anzi che scuote nel profondo e che perciò tutti coloro che scelgono di non mettersi in discussione preferiscono rimuoverlo. Invece Gibson, con i suoi film, ed io, con le mie tele, cerchiamo di accendere i riflettori su quelle ore nelle quali il figlio di Dio fatto uomo, ha vissuto la sua prova più disperante affinchè si adempiesse la volontà del Padre». R. T.