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In libreria fa scintille il libro della Fallaci. Che accumula tesi assurde rivestite però di razionalità

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La crociata immaginaria

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E non perché ritenga che il Direttore non me lo consentirebbe (non gliel'ho nemmeno chiesto). Ma per tre ottimi motivi. Primo: tutti si aspettano che lo faccia. Eh, no, cari miei. Troppo comodo. Secondo: amo Oriana Fallaci. Fossi stato un membro degli happy fews della più esclusiva jet society, avrei fatto pazzie per lei. Trovo sia (ancora) una donna splendida, con uno charme inarrivabile e un carattere tanto pessimo da apparire incantevole. Un misto di Jeanne Moreau, di Gertrud Bell e di Dolores Ibarruri. E sia reso sempiterno onore a chi ha avuto il coraggio di scrivere Lettera a un bambino mai nato. Terzo: continuo a nutrire grande e riconoscente affetto per la sorella di Oriana, cioè per la giornalista Paola Fallaci. Il fatto è che, qualche lustro fa, l'establishment di sinistra aveva deciso di escludermi dal "giro". La cattedra universitaria, è vero, me la guadagnai (credo perfino che non fosse immeritata): ma i salotti buoni della cultura ufficiale decisero che ero un impresentabile cattoanarcofascista; e - come più tardi mi fu testimoniato da Ludovico Zorzi e da Giorgio Saviane - Leonida Rèpaci e Natalino Sapegno si opposero a che mi fosse aggiudicato il Viareggio-Saggistica del 1981. In quei frangenti, Paola Fallaci m'intervistava, lodava i miei libri, mi faceva conoscere al gran pubblico dei rotocalchi. Se ce la feci a ritagliarmi un angolino, lo debbo ad alcuni amici e colleghi leali (anche di sinistra: e tanti), a Fausto Gianfranceschi che m'introdusse al "Tempo" dove continuarono a farmi scrivere, a Indro Montanelli che mi accolse al "Giornale". Nonché alla pubblicità che mi faceva Paola Fallaci. E io, come quel grande Donchisciotte mafioso che fu don Vito Corleone, «nun m'a scordo». Attraverso Paola, sono grato a tutti i Fallaci del mondo. Ciò premesso, sul suo ultimo libro non ho nulla da dire. Non sono un critico del genere letterario della fantastoria, né della fantapolitica, né dei bombardamenti a tappeto travestiti (appena) da ragionamenti. Se «La rabbia e l'orgoglio» era uno sfogo a caldo, feroce e irragionevole (e non privo, per questo, di un suo fascino estetico), questo è ancora peggio: perché traveste (poco) da razionalità sedicente lucida un teorema farneticante e un arrembaggio insensato. Sottoporre a critica articolata questo pamphlet sarebbe come cercar di comprendere il Crocifisso di Cimabue attraverso gli argomenti cristologici di Adel Smith. Diciamo pertanto con chiarezza la verità: poi, ognuno è libero di scegliersi le insegne e le bandiere che vuole. La Chiesa cattolica, che afferma con forza le ragioni della pace e del dialogo mantenendo alta l'istanza identitaria cristiana senza cedere neppure dinanzi alle prospettive di martirio (penso al Sudan e a Timor Est), non ha nulla a vedere con quel covo di pavidi criptocollaborazionisti dell'Islam descritti dalla Fallaci. L'Europa, che faticosamente sta cercando una sua strada tra mille insidie e centomila tranelli (tesile da chi teme ch'essa possa raggiungere una vera unità) e che per questo si sente investita della sua missione storica di tramite fra il ricco "Nord" del mondo, il Mediterraneo e gli altri due continenti che su essa si affacciano, è la custode e l'interprete primaria di quei valori che la Fallaci definisce genericamente "occidentali": e sa per centenaria esperienza che il diritto della forza non vince mai, alla lunga, se non è sostenuto dalla forza del diritto; così come ben sa che è inutile volere la pace e illudersi d'imporre con le armi, se prima non si costruisce sulla terra - son l'ostinazione di Sisifo e la pazienza di Penelope - un minimo di giustizia. L'Islam (un miliardo e trecento milioni circa di credenti sparsi in tutto il mondo) è una forza immensa ma pluricentrica e multiforme: tutt'altro che unitaria e tantomeno guadagnata in blocco alla follìa fondamentalista e alla ferocia terrorista. Guardiamoci attorno: i problemi, certo, sono tanti; la convivenza difficile; la violenza e la paura t

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