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Chiesa, integralismi e Medioevo venturo

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«The Passion» di Gibson segue una fortunata scia di film che oggettivamente stanno rivalutando concetti e valori finora «culturalmente scorretti». Ci riferiamo alla fortunata trilogia tolkieniana del «Signore degli Anelli» e all'«Ultimo Samurai» di Tom Cruise, emblemi di riferimenti spirituali che riscoprono l'amicizia, l'onore e la fedeltà alle tradizioni. Simboli sicuramente in controtendenza o almeno marginalizzati da decenni e decenni di egemonia «progressista», ultralaica e materialista. Ora è la volta di «Passion» e del primato della religione cattolica ad aggiungersi al conto «tradizionalista». Una prima riflessione: il film è molto bello. La personificazione del male e il gioco degli sguardi tra Gesù e i suoi interlocutori (Maria, Maria Maddalena, gli Apostoli, Giuda, le guardie romane, etc) durante la via Crucis e la stessa Crocifissione rivelano momenti di altissima profondità e suggestione che non hanno eguali rispetto alle passate edizioni. L'unica nota dolente è l'eccessivo insistere «spettacolare» sulla violenza. Ma d'altra parte, era lo scopo dichiarato dallo stesso autore-regista: collegare le violenze fisiche subìte da Cristo al messaggio morale rivolto all'intera umanità. Ciò che non va sottovalutato è, però, l'intenzione ideologica di Gibson. Lui, è noto, si riconosce in gruppi reazionari che si professano lefebvriani più a destra del vescovo francese tradizionalista. Quasi «sedevacantista», considera l'attuale Sommo Pontefice una sorta di usurpatore, reo di condurre la Chiesa di oggi verso l'errore modernista. Il dibattito che bisogna aprire, infatti, è quello relativo agli effetti de «La Passione di Cristo». Il rischio, cioè, che a un imperante integralismo islamico possano sommarsi specularmente, grazie pure al film, due altri integralismi: quello cattolico e, per reazione (estremizzando sui contenuti antisemiti del film) quello ebraico. Morale, tre integralismi per un tetro medioevo prossimo venturo. Uno scenario che non lascia presagire nulla di buono. La riscoperta della religione cristiana se non va lasciata in appalto ai «tradizionalisti», non deve rimanere nemmeno nelle mani degli ultra-progressisti. Insomma, la Chiesa (e questo è il secondo dibattito) non può ridursi a un grottesco supermarket dove ognuno prende e consuma la mercanzia preferita: i progressisti enfatizzano i lati umanitari e pacifisti del Vangelo. I non progressisti enfatizzano gli aspetti intransigenti della morale e della dottrina. In mezzo, la Chiesa che non può continuare ad oltranza a oscillare nell'ambiguità. Deve dirci la sua posizione, ridefinirsi rispetto ai fedeli e al mondo. I sacerdoti non possono continuare a fare gli assistenti sociali. Sono educatori. Se lo devono ricordare.

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