Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

di LUCIO D'ARCANGELO «IL FIUME reale della nostra lingua moderna e contemporanea, che pare ...

default_image

  • a
  • a
  • a

Un vocabolario, in ultima analisi, non dovrebbe essere né troppo dotto né troppo tecnico né troppo popolare né troppo barbarico: caratteristiche alle quali ci sembra risponda pienamente il «Dizionario della lingua italiana 2004» (Rizzoli Larousse), che porta la firma di due illustri studiosi: Francesco Sabatini, attuale Presidente dell'Accademia della Crusca, e Vittorio Coletti dell'Università di Genova. I motivi per raccomandarlo sono molti. Proverò ad elencarne qualcuno. Si tratta di un dizionario dell'"uso", che però non insegue neologismi ed anglicismi e non corteggia i regionalismi, ancorandosi saldamente ad un "uso medio" che non è ancora uno standard, ma potrebbe diventarlo. Non riduce l'italiano ad un idioma minimale, ricavato per sottrazione, e soprattutto sa bene dove si trova, o non si trova, la lingua italiana. Segnala «10.000 parole di più facile comprensione, da preferire nei testi divulgativi e d'informazione», ma senza basarsi su (arbitrarie) liste di frequenza, nelle quali, ad esempio, parole come "aceto" o "portalettere" potrebbero non figurare solo perchè le circostanze del loro uso non sono così frequenti come quelle della parola "ciao". È un vocabolario che non rompe con la tradizione letteraria, intimamente legata alla vita della nostra lingua, traendo non pochi esempi da testi d'autore. Inoltre il cd rom allegato contiene un programma «per scoprire e utilizzare tutti i segreti dell'italiano migliorando la propria scrittura». Gli autori sottolineano giustamente che molti cambiamenti sono intervenuti nella scienza del linguaggio ed oggi il lessico non può più essere considerato come un corpo separato della lingua. Un vocabolario quindi non può limitarsi a a fornire "contesti" per le singole parole (locuzioni, frasi fatte, espressioni idiomatiche, esempi letterari, ecc.), ma deve anche esplicitare nel possibile le regole di costruzione degli enunciati. Così si aprono finalmente le porte a quella grammatica di cui per tanto tempo si è pensato di poter fare a meno. Una sola domanda: avrà questo dizionario la fortuna che merita, nelle scuole per esempio? O seguiteremo a pensare che l'italiano possa basarsi unicamente sull'"oralità spontanea", per cui si potrà fare a meno non solo del congiuntivo, ma anche di una congiunzione come "poichè"?

Dai blog