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L'AMORE DI MÀRJA, di Anne Riitta Ciccone, con Laura Malvivaara e Vincenzo Peluso, Italia, 2004.

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Naturalmente hanno mentalità diversissime: Màrja è aperta, euforica, piena di vita, gli altri, compreso Fortunato, si comportano come ci si comportava nella provincia siciliana negli anni Settanta in cui la vicenda si colloca: sono chiusi, riservati, sempre pronti a mormorare su qualcuno, specie una bella e giovane straniera, si muove, parla ed agisce in modo diverso da loro. Così Màrja, nonostante le bambine la capiscano e la seguano (il marito no), cede a una tale depressione che non tarda a sconfinare in pazzia. Guarirà, ma non sarà più lei. E le figlie, cresciute, ne imiteranno le rivolte. Alice, la maggiore, se ne andrà di casa diventando un hippie, Sonia, rimasta invece lì, si farà presto mettere incinta da un giovanotto del paese che naturalmente non la sposerà. Un nuovo scandalo, perciò, ma si arriverà comunque a un lieto fine: tutti d'accordo, tutti contenti. Si è scritta e poi rappresentata questa storia, dopo averla desunta da un suo testo teatrale, un'italo-finlandese, Anne Ritta Ciccone, arrivata qui al suo secondo film (il primo, quattro anni fa, è stato «Le sciamane»). Al contrasto fra nord e sud patito da una donna ha dato spesso plausibile rilievo, specie quando è riuscita ad esporlo attraverso gli occhi della bambina più grande. La conclusione, però, è affrettata e i personaggi, spesso, sfiorano la maniera. Dà vita comunque a quello della protagonista un'attrice finlandese, Laura Malmivaara, con accenti giusti. G. L. R.

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