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di LUCIANA VECCHIOLI ANDATURA dinoccolata, lunghe basette, capelli completamente ...

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È un Jean Reno prevedibile e un po' scontato quello che ieri ha risposto alle domande dei giornalisti per la presentazione del kolossal «I fiumi di porpora 2 - Gli angeli dell'Apocalisse», nelle sale da venerdì in 500 copie. Tranquilliziamo subito il suo pubblico. Farà anche «Fiumi di porpora 3»? «Il produttore ci sta pensando ma io non ci sarò. Non voglio che il personaggio mi rimanga attaccato. Vorrei dedicarmi invece a ruoli brillanti e nel teatro. In questo periodo sto lavorando ad un film poliziesco di Jean Christopher Grangè "L'impero dei lupi", ambientato a Parigi. Ho partecipato anche ad un famoso videogioco, ma non mi è piaciuto molto. Dovevo solo muovere le braccia, una noia. Invece credo che mi divertirò accanto a Steve Martin, ne il presequel de "La pantera rosa" diretto da Shawn Levy, che inizierò a maggio». Che ruoli preferirebbe le venissero proposti? «A differenza di tanti colleghi che prediligono solo parti esistenziali per vincere semmai un Caesar, io preferisco le commedie brillanti che sono sempre le più difficili, soprattutto se si fa da spalla ad un comico. Poi le storie d'amore, una impresa trovarne delle belle, ed infine i polizieschi. Di quest'ultimi però ne ho già fatti troppi». Notoriamente lei non è un tipo mondano. Snobba forse il suo ambiente? «No. Solo che quando finisco di girare ho la necessità di allontanarmi da quel mondo. Preferisco ritornare alla realtà ed all'affetto della mia famiglia e degli amici. Nella vita privata cerco di non frequentare la gente di cinema». Che differenza ha trovato nel lavorare con Mathieu Kassovitz in «Fiumi di Porpora 1» ed oggi con Olivier Dahan nella seconda parte? «Entrambi sono registi concentrati più sulla macchina da presa che a dirigere gli attori. Parlano poco e trovano qualche difficoltà a comunicare con il cast. Kassovitz è più portato all'improvvisazione mentre l'altro è più preciso. Tutti e due sono molto giovani, abituati ad immagini veloci, ma non ho mai incontrato difficoltà insormontabili con loro». Conosce qualcuno dei nostri giovani registi? Sarebbe disposto a lavorare con qualcuno di loro magari a basso budget? «Purtroppo non conosco la nuova generazione di cineasti italiani, anche se sono ampiamente disponibile a lavorare con chiunque mi metta a mio agio. Amo Roberto Benigni, ogni volta che lo incontro gli chiedo, cantando, allora quando mi chiami "Quando, quando, quando"?....».

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