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NELLE SALE «L'AMORE RITORNA»

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L'ex moglie, Margherita Buy. Il padre, Alberto Rubini, per la prima volta sul set. Ma anche attori che ama e stima come Giovanna Mezzogiorno, Mariangela Melato e Michele Placido. Un film intimista, forse autobiografico, «L'amore ritorna», settima fatica da regista che Sergio Rubini ha voluto realizzare per raccontare uno scorcio del suo mondo, da venerdì nelle sale cinematografiche distribuito dalla Warner Bros. «Un film può servire a fare una indagine su se stessi - ammette l'attore-regista - Non credo però sia riproducibile un fatto che ti è accaduto realmente. Ricordare vuol dire rielaborare, attraverso percezioni del tutto diverse. A lavoro ultimato, infatti, posso dire di aver aggiunto frasi che avrei voluto dire e personaggi che avrei voluto incontrare». La storia, venata da toni surreali, sceneggiata dallo stesso Rubini con Domenico Starnone («Ho dato solo forma narrativa ad un universo che sta tutto dentro Sergio» ha detto lo scrittore), gira intorno a Luca Florio (Fabrizio Bentivoglio) che nel mezzo di una brillante carriera da attore, originario del Sud e trapiantato a Milano, durante le riprese di un film viene colpito da malore. Il letto dell'ospedale, dove sarà costretto a rimanere per un lungo periodo in attesa di una diagnosi certa, si trasforma lentamente in una postazione da cui osservare la propria esistenza. «Da attore impara ad essere spettatore - spiega Bentivoglio, sempre molto bravo e credibile nei suoi ruoli - In una sorta di gioco di specchi con chi lo circonda. Dovrà mettersi a nudo per recuperare le proprie origini ed il rapporto con chi gli sta accanto. Diciamo che il messaggio da lanciare a chi fa il nostro mestiere è quello di non aspettare le reazioni del proprio corpo prima di fare una sosta di riflessione. Questo è un lavoro che può uccidere». Dello stesso parere Rubini, che dice di aver voluto parlare delle fragilità, ambiguita e confusione della gente di spettacolo, caratteristiche che appartengono anche a lui. «Come il nostro protagonista, anch'io ho lasciato la mia terra d'origine». È per questa ragione che ha voluto far recitare anche suo padre? «Veramente all'inizio ero molto contrario, anche se devo ringraziare quel pensionato delle FS con il pallino del teatro, se oggi faccio questo mestiere - racconta Sergio Rubini - Mi ha convinto Fabrizio ad inserirlo nel cast, dicendomi che la mia contrarietà era semplicemente dettata dai contrasti che avevo avuto con lui in passato. Ero spaventato dall'idea di doverlo dirigere. Mio padre per tutta risposta ad ogni fine ciak, invece di cercare il mio assenso, inseguiva gli occhi di Fabrizio per avere una conferma».

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