Hackman, il cuore tenero dell'ex duro
«La svolta grazie ad Anjelica Houston che mi convinse a lavorare ne "I Tenenbaum"»
Ma adesso che il sucesso ce l'ha alle spalle, finalmente, Gene Hackman può permettersi il lusso di tornare al genere che lui ama di più, la commedia leggera. È appena uscito in America il suo ultimo film, «Welcome to Mooseport», diretto da Donald Petrie, in cui l'attore offre uno dei ruoli più azzeccati della sua carriera, vestendo i panni dell'ex presidente degli Usa che si candida a sindaco nella cittadina d'origine. È contento di essere ritornato alla commedia? «Sì, era ora. Per fortuna come poliziotto, agente segreto e mascalzone, non funziono più data l'età, così posso tranquillamente dedicarmi a quello che io ho da sempre considerato l'aspetto più bello, più stimolante e più difficile del nostro mestiere, e cioè l'impersonificazone di una maschera in grado di rappresentare una realtà sociale quotidiana all'interno di una atmosfera quantomeno satirica». Pensa che il suo pubblico affezionato accetterà questa sua scelta? «Prendere o lasciare. Nessuno, neppure Sean Connery, alla mia età ha il coraggio o la sfacciataggine di impersonificare ruoli che possono andare bene quando sei giovane, pieno di energie e di aggressività. Quindi mi adatto ai tempi. Ma c'è dell'altro, e ci tengo a chiarirlo». Sarebbe? «Premetto che ho sempre detestato i voltagabbana, quelli che sputano sul piatto dove mangiano e non appena salgono sull'auto del successo denigrano il proprio passato. Ma io detesto la violenza. Per questo mi piace la commedia, e mi dedicherò a questo genere finché la salute me lo permette. Quando è avvenuta la svolta? «È stato quattro anni fa, circa, grazie a Anjelica Houston, un personaggio meraviglioso, un'attrice e una donna davvero fantastica. È stata lei ad insistere perché io facessi "La famiglia Tenenbaum" un film dal sapore surreale, dove io e Anjelica, facevamo da "balie" a uno stuolo di bravissimi giovani attori, da Luke Wilson a Gwyneth Paltrow, da Ben Stiller a Owen Wilson. Il film era una specie di favola e io mi son divertito come non mai a girarlo». È molto diversa l'interpretazione di una commedia leggera? «Non si tratta tanto di recitazione quanto piuttosto delle attese del pubblico sulla base di una certa maschera alla quale è abituato. Forse Clint Eastwood sarebbe stato un fenomenale attore comico, ma ormai la gente era abituato a vederlo come un duro spietato e non era disposta a cambiare idea. È rischioso cambiare genere. Per la mia generazione è stato così. Oggi è diverso. I giovani hanno un approccio più fantasioso. Johnny Depp, Brad Pitt, Nicholas Cage, George Clooney sono attori che indifferentemente possono recitare in un film comico, drammatico, surrealistico o spionistico».