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di CARLO DE RISIO UNA vendetta, cinicamente concepita e freddamente attuata: tale fu quella ...

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Si tratta di un episodio poco conosciuto. Manfredi Talamo, distaccato al Sim (Servizio Informazioni Militare), era un asso nel suo campo; la Sezione P (Prelevamento) che dirigeva, aveva carpito, con incursioni notturne, documenti di straordinario interesse. A Forte Braschi, sede del Sim, erano custodite le chiavi delle casseforti delle principali ambasciate accreditate presso lo Stato Italiano e la Santa Sede. Qualche volta andava male, come si legge nel Diario di Ciano, il ministro degli Esteri: «3 agosto 1940. Quattro nostri agenti del Sim si sono fatti sorprendere stanotte nella sede della Legazione Jugoslavia. Bisogna accreditare la voce che si tratta di ladri comuni». La «visita» all'ambasciata svizzera, con l'apertura della cassaforte dell'attaché militare, fece esplodere un caso che finì sul tavolo di Mussolini, di Hitler e di Himmler, il capo delle SS. Una microscopica sigla, sull'angolo di un documento, si rivelò fondamentale per le indagini: verifiche, riscontri, pedinamenti, portarono all'arresto di Kurt Sauer, addetto culturale dell'ambasciata tedesca a Roma, sorpreso davanti all'hotel Excelsior, in via Veneto, mentre passava un plico all'addetto militare svizzero. Lo scandalo fu enorme: l'addetto culturale del Terzo Reich era una spia che, attraverso l'attaché di un paese neutrale, faceva pervenire informazioni agli Alleati. Ciano registrò puntualmente il caso spionistico, di eccezionale gravità: «9 giugno 1942. Il nostro Sim ha scoperto un centro di spionaggio all'Ambasciata tedesca. È già stato tratto in arresto il dottor Sauer, addetto culturale, che è confesso. Ha soltanto messo in chiaro che non agiva per denaro, ma in odio al nazismo e al fascismo. Passava informazioni d'ordine militare all'Addetto Militare svizzero. Sembra che anche un colonnello germanico, aiutante di Rintelen (capo missione militare tedesco), sia immischiato nella questione». A questo punto, entrò in scena Herbert Kappler, capo dei servizi di sicurezza a Roma. Che razza di «sicurezza» era quella garantita dall'ufficiale delle SS, se erano stati un tenente colonnello dei Carabinieri e i suoi uomini a scoprire la «talpa» che operava nell'ambasciata tedesca? Kappler, 36 anni, un volto rigido e ossuto, introverso, aveva condotto fino ad allora una esistenza tranquilla a Roma. Aveva come hobbies la coltivazione delle rose, la fotografia e i cani: riversava il suo affetto su un biondo figlioletto adottivo, affidatogli dal «Lebensborn», l'istituto delle SS ove si accoppiavano giovani ragazze di puro sangue ariano, l'élite del Reich millenario di Hitler. Unico neo del soggiorno romano, una moglie litigiosa, dalla quale l'ufficiale meditava di divorziare. Questi particolari esistenziali di Kappler interessavano poco Heinrich Himmler, che tuttavia non punì il suo disattento ufficiale (se Kappler fece il boia, lo si dovette anche a questo antefatto). Il tenente colonnello delle SS tentò di «rimediare» in qualche modo al suo infortunio professionale: chiese di poter mettere le mani su Kurt Sauer: gli fu opposto un secco «no». L'addetto culturale-spia aveva operato in Italia e doveva rispondere del suo operato, in stato di guerra, unicamente alle autorità militari italiane. Kappler si recò allora a Forte Braschi, ma il capo del Sim, generale Cesare Amé, si rifiutò di riceverlo. Tra l'ufficiale delle SS e Manfredi Talamo ci fu un violento alterco; ma Talamo non cedette di un pollice alla proterva richiesta di Kappler, che «abbozzò», ma se la legò al dito. La sua personale vendetta giunse quando si trattò di compilare la lista delle vittime delle Fosse Ardeatine. Il tenente colonnello dei Carabinieri Manfredi Talamo condivise la sorte del collega e parigrado Giovanni Frignani, che aveva organizzato l'arresto di Mussolini a Villa Savoia, il 25 luglio 1943.

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