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di GIAN LUIGI RONDI NON TI MUOVERE, di e con Sergio Castellitto, e Penélope Cruz, Claudia ...

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DUE vite in parallelo. Una in tempo presente, vissuta; l'altra quindici anni prima, ricordata. Protagonista di entrambe è Timoteo, un chirurgo, sposato e con una figlia adolescente. Si comincia da lei, coinvolta in un terribile incidente con la moto sul selciato bagnato. La trasportano d'urgenza all'ospedale, dove il padre sta operando. Mentre l'assistono, tra la vita e la morte, Timoteo torna con il pensiero a una situazione analoga ormai lontana nel tempo quando, dopo un incontro fortuito e un primo approccio solo sesso violento, aveva finito per innamorarsi di una ragazza di periferia, Italia, dai modi quasi zingareschi, con cui aveva iniziato una relazione troncata dalla morte di lei per una emorragia (dopo un aborto) cui Timoteo aveva inutilmente tentato di porre riparo in un ospedale di provincia, durante un loro viaggio. Alla base, un bellissimo romanzo (premiato) di Margaret Mazzantini, riscritto per il cinema con Sergio Castellitto, suo marito, che ne ha curato anche la regia. Un testo dagli accenti molto forti, ma anche, dal punto di vista psicologico e nella progressione dei fatti, meditato e preciso. Con i ricordi tenuti abilmente quasi sullo stesso piano, e nelle stesse cifre, degli eventi al presente. Con una analisi sottile, eppure saldamente incisiva, dei rapporti fra i protagonisti, sia quello di Timoteo con Italia, tanto diversa da lui ma presto portata dall'amore al suo livello, sia quelli con la moglie, sempre finemente in equilibrio fra il sospeso e il sospetto. Mentre la regia di Castellitto, ormai maturata e agguerrita dopo la prima esperienza con «Libero Burro», scava con solido vigore nei confronti spesso difficili tra i personaggi, alterna con accenti anche duri le passioni, i turbamenti, i passaggi che accettano, asciutti, anche la commozione. Evocandovi attorno delle cornici dove il mondo levigato e composto di Timoteo si fonde, senza fratture, con quello della periferia disordinata e fatiscente in cui Italia si muove. Con immagini di un realismo sostenuto e spesso riarso, con ritmi in cui le pause, sentimentali e sessuali, intensissime, costeggiano le impennate drammatiche, non di rado perfino violente. Commentate da musiche addirittura coinvolgenti (quel finale con la canzone di Vasco Rossi...). Splendida in tutti l'interpretazione: Castellitto, pronto magistralmente a dominare impeti e sfumature, Penélope Cruz, coraggiosamente imbruttita, lacerata quasi fino allo spasimo. Un duetto straordinario.

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