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di RUGGERO GUARINI QUANDO è stato inventato il «garantismo»? Comunemente si pensa che sia un'invenzione recente.

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Una mentalità giuridica che oggi potremmo forse definire «garantista» si riscontra, anzi, già nella Grecia dell'età classica. Per esempio, in alcuni passi dei «Problemata», un testo del IV secolo avanti Cristo., si affermano princìpi del tutto conformi allo spirito del garantismo moderno. Ma si tratta di timidi indizi. Che furono poi sviluppati appunto, cinque o sei secoli dopo, con straordinaria coerenza e vigore, dai giurconsulti romani della tarda età imperiale. Non è anzi esagerato sostenere che tutto l'edificio teorico del «garantismo» moderno è racchiuso, come un albero nel proprio seme, in quell'ammirevole motto latino che in quattro sobrie parole - «in dubio pro reo» - afferma che nei casi giudiziari dubbi si deve decidere sempre a favore dell'imputato. Con esso infatti emerge, forse per la prima volta in forma esplicita e rigorosa nella storia del diritto occidentale, la concezione per cui il criterio della tutela del possibile innocente deve prevalere su quello della punizione del probabile colpevole. Il principio fu enunciato con la massima chiarezza, all'inizio del II secolo dopo Cristo, dall'imperatore Traiano, che secondo un commentatore del IV secolo, Domizio Ulpiano, soleva dire che rischiare di lasciare impunito un colpevole fosse meglio che rischiare di punire un innocente. Lo stesso concetto fu ribadito pochi anni dopo da un insigne magistrato di quel tempo, di nome Giulio Paolo, che su esplicita richiesta di Antonino Pio stabilì una norma in base alla quale, nel caso di equipollenza delle ragioni dell'imputato e di quelle dell'accusa, si debba decidere sempre a favore del primo e mai del secondo. Di squisita ispirazione garantista è inoltre anche il pensiero di Gaio, un altro insigne giurista di quel tempo, il quale sostenne l'esigenza che gli «auctores» e i «rei», ossia gli accusatori e gli imputati, fossero posti sempre a confronto diretto. Notevole infine è una frase di Seneca il Vecchio, così chiamato per distinguerlo dal suo più famoso figliolo, che in un passo di un suo trattatello giuridico («Controversiae», 1,5,3) infilò questo mirabile fioretto garantista: «Inter pares sententias mitior vincat» («Tra due pareri equipollenti prevalga il più moderato»). Insomma il seme del «garantismo» diede i suoi primi frutti decisivi a Roma fra il I e il II secolo dopo Cristo. Quale il motivo di questa inoppugnabile evidenza storica? La parola agli esperti del ramo «Giustizia & Società». È in ogni caso certo che quel seme, per attecchire, ebbe bisogno della natura benigna di alcuni imperatori di quel tempo. Lo spirito garantista di Traiano, per esempio, oltre che nell'adesione al principio sancito dal motto «in dubio pro reo», si espresse anche nei confronti dei Cristiani. In un'epoca in cui nei loro confronti era ancora diffusa molta diffidenza, raccomandò ai suoi magistrati di processarli soltanto nei casi in cui fossero stati regolarmente denunciati per inosservanza delle leggi, evitando quindi di perseguitarli per il solo fatto di essere Cristiani. Di segno in qualche modo «garantista» furono anche le riforme giuridiche varate da Adriano. Ma in séguito le cose, per ragioni che si possono intuire facilmente, tutte più o meno legate alla storia dei primi secoli cristiani, si ingarbugliarono. Il seme del garantismo fu infatti riscoperto suppergiù mille anni dopo. E rispuntò vigoroso soltanto nel XIV secolo, quando Bonifacio VIII enunciò questa regoletta esemplare: «Cum sunt partium iura obscura reo favendum est potium quan auctori» («Quando le ragioni delle parti non sono limpide bisogna favorire l'imputato piuttosto che l'accusatore»). Questo principio quel dotto pontefice lo inserì nel VI libro delle sue celebri «Decretali». Opera molto cara, com'è noto, a papa Wojtyla, che le dedicò un suo saggio giovanile.

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