Sei racconti scoprono la malinconia della vita
inedito l'ultimo), le forme equilibrate e colloquiali di una rappresentazione corale che allinea le scene di un'esistenza agreste, avviata, sul finire della prima guerra mondiale, verso una «dolce stagione piena di frutti e libera da paure». Sono operanti due direttrici della narrativa dell'autore, dalle quali discende un contrasto di colori e riflessioni, smalto illustrativo e succoso sorriso. Da un lato, un realismo madido di cose e peripezie, talora appena calligrafico, e adeguato alla fisicità di un piccolo mondo di margine; dall'altro, un leggero allarme, una losca (il termine è ricorrente) schermaglia d'ombre nella trama della sorte. Un soldato ammalato trascorre giornate inutili, «persino inventate». Spedito ugualmente a combattere, viene salvato dall'armistizio del '43. In questo clima di resa si colloca pure il racconto successivo. Incaricato di comandare un plotone di richiamati, un tenente entra in un limbo di ore uguali e in un silenzio «teso come una carta velina». Incombe lo sgomento per un conflitto che, chiuso, continua a durare. E ha inizio la confusa fuga dei soldati, mentre l'ufficiale, indossati abiti borghesi, sa di non essere più una «maschera» per gli altri. Nella Vienna del '45, «rassegnata tra le rovine», il racconto eponimo parla della relazione di uno scrittore italiano con una ragazza del luogo, forte di «estri», la quale si esibisce al Moulin Rouge. Il registro stilistico notarile, costellato di riferimenti topografici (dalle strade alla «noia» del parco di Schönbrunn, al «brusio» del Prater), si riscatta mediante una velatura di malinconia. Di fronte al mediocre quotidiano, il protagonista cade in un giro di droga e vede la propria attesa di novità ridotta a un «compito di fattorino». Riuscirà, dopo l'incontro con una povera donna allucinata, a rientrare in patria, inseguito dalle immagini di una stagione conclusa. Nella Milano degli anni Cinquanta si situano i due testi residui. Arrivato per lavoro nella metropoli, «ossessionata come da un'idea calvinista di guadagno», un uomo si imbatte in uno zio ospitale ma prigioniero di una decadenza fastidiosa come un «presagio maligno». Due operaie di una fabbrichetta di biancheria, giunte in città per un'audizione, premio di un concorso, devono fare i conti con le «procedure di malizia» di uno scalcinato sottobosco di organizzatori che le delude e le costringe al precipitoso abbandono di ogni ambizione. Elio Bartolini «La ruota del Prater» Aragno 191 pagine 13 euro