Ascolti giù, la Rai fa quadrato
Nessuna autocritica: abbiamo avuto il coraggio cambiare e difendiamo la scelta. Stasera la finale
Per la squadra di Sanremo quello di ieri è stato un brusco risveglio. Mai il festival era sceso a livelli così bassi di ascolto. Colpa del boicottaggio è la prima risposta. Mai c'era stata una critica così feroce da parte di forze politiche, mai gli industriali della canzone avevano fatto la guerra alla più importante manifestazione canora della tv italiana. Mai una contrapposizione di altre aziende così forte. I conti si faranno alla fine, abbozzano gli imputati del flop. Il direttore di Raiuno, Del Noce, è nella bufera. Ad accoglierlo c'è il tapiro di «Striscia la notizia», ma stavolta trattiene la rabbia e accetta lo sgradito omaggio. Poi spetta a lui cercare di giustificare la sconfitta. Ma il ritornello è il solito, già sentito. La concorrenza che si è organizzata (stessa scusa lo scorso anno), poi torna sulla storia del prodotto di qualità che perde nel confronto con quelli più volgari. Del Noce non spiega dove ha visto questa grande qualità. E non è il caso nemmeno di chiederlo a un intellettuale come Veneziani del Cda che liquida la questione con una battuta: «I discorsi sulla qualità sono sospesi a divinis durante Sanremo». Non ci sono autocritiche, e il futuro non si annuncia roseo. «Sanremo non morirà», ripetono in molti, in troppi per non far pensare che il malato, anche se non morente, però sia in gravi condizioni. E nella spiegazione del tonfo, Del Noce avverte che sarebbe illusorio pensare al festival di una volta, quando era un grande avvenimento musicale, ora la musica leggera è in crisi. I cd non si vendono. C'è questo boicottaggio delle multinazionali che pesa. Ne parla Del Noce, ne parla Renis per difendersi dall'accusa di non aver mantenuto le promesse. E anche chi aveva sfidato i padroni della discografia ha avanzato richieste folli. Troppi soldi da spendere, è immorale, dice Renis che rivela parte dei compensi chiesti da alcuni mancati ospiti. Certo i conti anche sulle spese saranno fatti dopo ma c'è già chi si domanda quanto ha preso lui, il direttore artistico. Lo chiede l'instancabile Giulietti dei Ds ormai impareggiabile guerriero nella lotta contro il festival. I conti si faranno alla fine. Cioè tra due giorni. E c'è già chi vorrebbe una prima testa. I consumatori del Codacons, anche loro arruolati nell'esercito dei nemici di questa gara di canzonette, chiedono le dimissioni di Del Noce, che subito si affretta a garantire che non ci pensa nemmeno. E nel giorno più nero la dirigenza Rai si stringe intorno alla squadra di Sanremo. Anzi, finalmente si hanno notizie del presidente Annunziata: non si era fatta viva nel momento della vittoria, lo ha fatto ieri. Un comunicato rivela che ha telefonato alla Ventura per farle i complimenti. Forse nel giorno sbagliato. «Mi telefona tutti i giorni» dice la Ventura. A Sanremo arriva anche il direttore generale Cattaneo, riunisce tutto lo staff della trasmissione, deve decidere su alcuni spostamenti pubblicitari. Piccoli espedienti per non rompere un'emozione? Ma soprattutto Cattaneo cerca di ricaricare la squadra prima della sfida finale. E il responso arriverà oggi immancabile con l'auditel. Anche se Renis continua a mettere le mani avanti, il successo delle canzoni a lui sta più a cuore dei dati di ascolto. E attraverso questo vorrebbe dare una lezione ai generali dell'esercito che gli ha dichiarato guerra. Ma questi non lasciano la presa, così il rappresentante degli industriali, Enzo Mazza, sentenzia: «Sanremo è decotto e defunto». Nemici sempre in assetto di guerra, soprattutto quanti hanno temuto che il tanto bistrattato festival potesse diventare una tribuna capace di lanciare la campagna elettorale del premier. Un fuoco preventivo, false notizie, e addirittura tanta ostilità anche per Apicella, colpevole di aver fatto delle canzoni con Berlusconi. Lui a Sanremo ha cantato ma da Vespa e solo. Eppure avrebbe voluto portare anche il premier, «lui non stona mai» assicura. Già, non sarebbe stata male un'esibizione a Sanremo. Ma altro che i moti di Geno