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di GABRIELE SIMONGINI NEL CUORE del misterioso impero azteco.

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Quasi 400 opere, provenienti soprattutto dal Museo Nacional de Antropologia di Città del Messico e dal Museo del Templo Mayor, daranno vita alla più ampia e completa iniziativa culturale sull'arte azteca mai presentata fuori dal Messico. Insomma, un evento irripetibile. La mostra, con piccole varianti, è stata già ospitata con grande successo di pubblico a Londra (dove ha avuto 450.000 visitatori), a Berlino e Bonn. Ne parliamo con l'Ambasciatore del Messico in Italia, Rafael Tovar y de Teresa (già Ministro della Cultura fino al novembre del 2000), che ha organizzato la mostra in rappresentanza del suo governo. Con quale spirito dovrà vedere la mostra il pubblico italiano? «È importante non guardare le opere azteche secondo i canoni dell'estetica occidentale. Esse sono l'espressione di un mondo diverso, da vedere con una curiosità aperta e cercando di penetrare nel senso mistico e rituale di queste opere. La civiltà azteca è fiorita e ha raggiunto il suo culmine in soli due secoli, fra il 1325 ( con la fondazione della capitale Tenochtitlan, l'odierna Città del Messico) e il 1521, con la feroce conquista degli spagnoli guidati da Cortès. L'arte azteca è legata ai ritmi cosmici della natura e quindi alla vita religiosa e alle necessità della vita. Non era un'arte illusionistica nè cercava la bellezza. Aveva molti simboli dominati da una concezione sintetica della forma. Era volta ad evocare l'esistenza di un equilibrio universale». A che punto sono gli scavi e i ritrovamenti archeologici a Città del Messico? «Soprattutto nella zona del Templo Mayor i ritrovamenti non finiscono mai, è una miniera inesauribile, da cui ogni giorno escono fuori templi, palazzi, rappresentazioni degli dei». Quali sono le opere più importanti della mostra? «Moltissime, a dir la verità, fra sculture monumentali, ceramiche smaltate in oro e pietre semipreziose, gioielli. In ogni caso sono fondamentali le maschere di turchese e ossidiana, le sculture con dei di cui sono visibili tutti gli organi interni, una scultura con un serpente e pesante due tonnellate e mezzo». E come è ordinata la rassegna? «Si parte dai predecessori degli Aztechi per poi proseguire per sezioni tematiche dedicate al mondo naturale, alla religione e agli dei, alla figura umana, all'imperatore azteco e alla vita quotidiana fino alla drammatica conquista spagnola». Con l'arrivo di Cortès gran parte della magnifica architettura azteca andò distrutta? «Sì e il materiale fu riutilizzato per costruire chiese e cattedrali. Un grande impero fu cancellato in poco tempo. E ciò fu dovuto a tre fattori: gli Aztechi non usavano la ruota perchè non avevano animali da tiro; furono letteralmente sterminati dalle infezioni e dalle malattie portate dagli spagnoli e a loro sconosciute; non conoscevano il ferro e quindi non avevano armi potenti. Si calcola che il 70% della popolazione azteca perì, in gran parte a causa di malattie. A poco a poco venne meno ogni reazione di fronte ai conquistatori spagnoli che sembravano quasi esseri soprannaturali, con i loro cavalli (che gli Aztechi non avevano mai visto) e con le armi da fuoco: una leggenda infatti diceva che la fine del mondo sarebbe arrivata con l'arrivo di un uomo barbuto, come Cortès. E infatti senza dubbio arrivò la fine del mondo azteco».

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