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Altro che novità, piace la melodia

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Da Masini, primo, a Mietta, i voti premiano le canzoni struggenti. Rap e dance agli ultimi posti

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Tante? Poche? Se valutiamo il dato in proporzione all'Auditel emerge una sconfinata pigrizia da parte degli abbonati. Diciamo la verità: anche il voto popolare è cambiato. Negli anni d'oro di Sanremo la preferenze erano valutate nell'ordine delle vagonate. Mogol ricorderà certamente che la sua «Al di là» nel 1961 ottenne 708.104 voti, cioè quasi il doppio della totalità di tutte le canzoni in gara quest'anno. L'anno dopo la mediocre canzone vincente "Addio addio" ne ottenne 1.496.411, e si potrebbe continuare fino ad arrivare alle edizioni più recenti. Ma c'è un dato ancor più allarmante e riguarda lo stile e il contenuto delle canzoni fin qui preferite. La classifica provvisoria vede al primo posto Marco Masini, seguito da Linda, Marco Rosini e Bungaro, al quinto posto Paolo Meneguzzi, al sesto Morris Albert (con Mietta). Massimo Modugno è al quattordicesimo, Adriano Pappalardo solo al diciassettesimo, Andrea Mingardi al diciannovesimo, Pacifico al ventesimo. Una classifica abbastanza sconcertante, soprattutto se messa in riferimento al tanto strombazzato "nuovo corso", al ventilato "rinnovamento" e alla predicata "innovazione". Le vittorie parziali dimostrano che a prevalere è la melodia, meglio se un po' d'annata, magari accompagnata da quella che Califano chiamava "malinconoia", struggente, straziante, certo poco innovativa. È ciò che emerge da «L'uomo volante» e «Sei la vita mia», due brani che avrebbero avuto tutti i requisiti per partecipare ad un qualunque Sanremo del passato. Per non parlare del redivivo Morris Albert, che evidentemente ha convinto nei panni del nuovo Demis Roussos. Insomma, se questo è il nuovo corso c'è poco da stare allegri. La valutazione si rovescia se si prendono in esame gli ultimi classificati. Pacifico, Piotta e Andrè: dance, rap e generi variamente contaminati appaiono fortemente penalizzati. La conclusione appare lampante: Sanremo è una rassegna refrattaria a qualsiasi scossone stilistico e visto che ci sopravviverà se lo può permettere. Se il disegno di Tony Renis - ma a questo punto sembrerebbe più di Simona Ventura - era quello di svecchiare, di pre-pensionare un gruppo storico di cantanti in favore di nuove leve il tentativo sembra fallito. A parità di volti sconosciuti il pubblico ha premiato il melodicissimo (e anche lievemente arcaico) Rosini piuttosto che lo stralunato e cecchettato DJ Francesco (che in conferenza stampa ha dichiarato: «La musica e in generale saper cantare non conta più nulla»). Il Festival di Sanremo si può anche svecchiare, si può anche ideare strizzando l'occhio al format radiofonico come è stato fatto quest'anno, ma il pubblico dovrebbe essere d'accordo. Per ora non lo è.

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