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La carica delle virago capitanate dalla Ventura ci condanna ai sermoni dell'Annunziata Segue il taglia e cuci del Bisturi-Pivetti. Ci consola la Moratti unico ministro no-gossip

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Una donna al comando e sai cosa t'aspetta

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Simona, Sì-mona (come ironizzava la Cortellesi), la moglie di Bettarini, il principe consorte (come Filippo di Edimburgo). La capitana di Ventura, affiancata dai soldati mercenari (un po' Gnocchi e un po' Elton Crozza). La signora con dodici chilogrammi di Swarovski addosso in una Gabbana Dolce e soprattutto Pesante, da far invidia agli abiti dell'unica donna della storia con la quale possa essere messa a confronto: «Quasi insaccata in una veste di broccato d'oro, con maniche vistosamente rigonfie sulle spalle, con sottana dall'imbottitura enorme, ornata lungo le cuciture di gemme, di topazi, di giacinti e di granate. Due perle a goccia pendono dalle orecchie della sovrana, il collo è chiuso in una quadruplice collana di pietre preziose, un ampio collaretto intessuto di fili d'oro forma come un'aureola sulla quale spiccano l'ovale allungato, un po' ossuto, del viso e il pallore quasi olivastro del colorito». La descrizione riguardava Elisabetta I d'Inghilterra. E si concludeva così: «Prorompono acclamazioni: "Dio salvi la regina!"». L'autore era uno storico illustre, Jacques Chastenet, una specie di Bruno Vespa del secolo scorso. Perché Sanremo è Sanremo. E se quest'anno non è stato affidato a Baudo, a Bongiorno, a Vianello o a Fazio, ci sarà pure un motivo. Se il festival si coniuga al femminile è un segno dei tempi. La Ventura è una regina (come Elisabetta) e Bettarini non salirà mai sul trono: un gradino più in basso (e ringrazi il cielo che lei non lo abbia sposato morganaticamente, come si usava nell'Ottocento, per tagliarlo fuori da ogni diritto dinastico), incoronata da quelli che la domenica preferiscono lei a Bonolis o Costanzo, tarde icone dei bei tempi in cui la società era patriarcale e alle donne veniva tutt'al più concesso un ruolo di soubrettes. Guardatele adesso: la Annunziata presiede la Rai, garantendo gli stipendi a chi ci lavora; la Pivetti - dopo essersi levata lo sfizio di presiedere la Camera dei deputati (un ruolo che può essere svolto anche da un bello come Casini) taglia e cuce con il bisturi televisivo quelli che belli non si sentono a sufficienza. La Moratti è l'unico uomo in un governo nel quale tutti gli altri ministri si dedicano al gossip, litigano fra di loro come le comari delle commedie, ma scarseggiano quanto a risultati: mentre lei la sua riforma l'ha varata, senza scrupoli e ripensamenti. E lasciamo stare le donne che vanno alla guerra (come la Gruber, la Botteri e la Simoni), una cosa troppo seria per lasciarla fare agli uomini, come avrebbe detto Clemenceau, se soltanto avesse previsto le meravigliose sorti e progressive del declino del maschio. L'Auditel ha preso atto: nella prima serata il festival della Ventura ha raccolto davanti ai teleschermi 12.960.000 spettatori (43,34 per cento di share) contro i 12.364.000 del festival dell'anno scorso condotto da Pippo Baudo (40,37). Era ovvio, a dispetto dei cronisti prevenuti, degli iettatori di professione, degli imbecilli che sostenevano che affidarsi a cantanti semisconosciuti era un errore probabilmente fatale. I cantanti non c'entrano. Tony Renis neppure. Il merito è tutto della Ventura. Ha ragione Giordano Bruno Guerri quando dice (ieri, in una trasmissione del pomeriggio): «Ma chissenefrega delle canzoni!». Che c'entrano le canzoni con Sanremo? L'Ariston ha certificato quel che gli uomini forti sanno ormai da un pezzo: che adesso comandano le donne. Un po' sguaiate, un po' arroganti, un po' Isef, un po' maschili, un po' prepotenti, un po' sopra le righe, un po' bracciodiferro, le Simone poco Dolce e molto Gabbanti, molto ironiche, ma guai a sfotterle. Ha detto ieri, nella conferenza stampa del secondo giorno: «Penso che i buoni risultati della prima serata siano innanzitutto una vittoria di tutta la squadra». Sembrava Berlusconi nei giorni sì, quando non se la prende con Ancellotti e il modulo a una punta. Ci pensi, il Cavaliere. Se Prodi lasciasse la guida dell'Ulivo alla Ventura, sarebbero

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