La flemma non s'addice a quei due
E con la flemma inglese c'è poco da combattere, esiste, si fa sentire, provoca una legittima preoccupazione. Appena arrivato nella città, Louis Holland impatta gli eventi, anzi viene colpito direttamente negli affetti per la morte di sua nonna, vittima del primo dei tanti sismi che sconvolgono la città. C'è un amore nascente a compensarlo ma non troppo, quello di Renée Seitcheck, una sismologa, ovviamente, che sa tutto sugli sconvolgimenti della terra e non fa che inguaiare sempre più il povero innamorato. La storia di tinge allora di giallo e un po' di noir, ma con la dovuta cautela perché dentro al contenitore bisogna inserire tante altre componenti, non esclusa la condizione sociale ed esistenziale di una terra che non può solo gratificarsi con sesso e amore. Il frenetico correre avanti e indietro, il pulsare inquietante di una vita senza respiro fanno il resto, e contribuiscono a far salire l'irritazione in una città generalmente molto flemmatica, che si è concessa un regime di vita consono e allineato con lo stampo inglese che la distingue dal rimanente degli States. Del resto lo stesso titolo, «Strong Motion», («Forte movimento»), la dice lunga su questa condizione del protagonista e dei suoi concittadini. Louis e Renée si sono imposti una linea, in una siffatta situazione: combattere con ogni mezzo la «Sweeting Aldren», l'azienda chimica responsabile della diffusione dei residui tossici dall'interno della terra alla superficie: il tutto bene occultato e mimetizzato da una fitta selva di alberi che rendono gradevole un ingrato soggiorno. Un tripudio della natura, insomma, che camuffa un inferno annunciato e pronto a divorare uomini e cose: «Somerville sorgeva su sette colli, come Roma. L'appartamento che Louis condivideva con uno studente si trovava a Clarendon Hill, la più occidentale delle sette colline, e, relativamente parlando, la più verde. In altre zone della città, gli alberi erano spesso nascosti dietro le case o confinati dentro buche quadrate nei marciapiedi, dove i bambini potevano strappar via i rami». È alquanto sospetta l'origine dei sismi che sistematicamente colpiscono la città, e quando la sismologa e il suo uomo scopriranno la verità — da non svelare — sarà ben caro il prezzo che dovranno pagare. «E adesso il disastro che aveva promesso di farsi sentire in un'epoca reale, un'epoca di quelle che si trovano sui libri di storia, un'epoca di sofferenza e morte ed eroismo, un'epoca facile da ricordare quanto era facile dimenticare tutti quegli anni in cui non avevi fatto altro che cercare vanamente sesso e romanticismo nella lista della spesa: un disastro di quelle proporzioni storiche era arrivato, e adesso sapevi che non era neppure questo ciò che desideravi». Progettato e scritto a metà strada fra la prima sua opera, «La ventisettesima città», che non ottenne molto riscontro, né critico né di lettori, e prima del romanzo/choc, «Le correzioni», che fu davvero una esplosione ovunque, questa storia scritta lontano da quel Midwest che è stato in ogni occasione l'epicentro essenziale della ricerca di Franzen, possiede alcuni pregi che vanno sottolineati, anche perché ritornano nel terzo romanzo, e non erano presenti, o scarsi, nel primo testo dell'esordio. Intanto un sottile velo di ironia che con molta frequenza si traduce in una forte componente di comicità nei risvolti essenziali del romanzo: il che non vuol dire sdrammatizzare una condizione dell'essere difficile da gestire, bensì consegnare al lettore un risvolto del tutto ricettivo, e simbolicamente proiettato verso un tipo di accettazione del dolore non davvero consolatorio in senso patetico, quanto piuttosto capace di irrobustire la potenzialità di tolleranza. Il bisturi di Franzen — ed è il suo pregio maggiore — penetra molto in profondità, rintra