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«Troppo lavoro precario»

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«Iniziando a scrivere il trattamento con Giovanni ho deciso di raccontare dubbi e timori di tre ragazzi come me, onestamente e fino in fondo. Una storia che sento visceralmente mia, ma non è autobiografica. Non volevamo fare un film generazionale, perchè ritengo che molti trentenni di oggi, con tanto di lavoro precario e senza la possibilità di poter programmare una vita fuori da casa di mamma e papà, ci si potrebbero riconoscere tranquillamente». Cosa ha cambiato Veronesi rispetto alla sua idea originale? «Ha stemperato i toni decisamente più drammatici che io avevo in mente, dando un risvolto sentimentale e comico a tutta la storia». Suo fratello, Gabriele, il film l'ha visto? «Si, con tutto il resto della famiglia. Gli è piaciuto molto, lo ha trovato sincero e profondo. Sono contento, perchè aveva annunciato che sarebbe stato spietato nel giudizio». Vorrebbe continuare a lavorare nel cinema, percorrendo però una strada tutta sua? «Sono molto grato a Gabriele. Mi ha dato la possibilità di poter esprimere tutto quello che avevo dentro attraverso il cinema. Quando ero più piccolo e frequentavo il liceo, non trovavo pace. Ero sempre alla ricerca di chissà cosa. Di questo non lo ringrazierò mai abbastanza, gli voglio bene e lo stimo molto. Però credo sia giunto il momento di camminare con le proprie gambe. Questo film è stato la mia scommessa, spero di aver fatto un passo in avanti». Aveva anche parlato della possibilità di cimentarsi nella regia? «Era un'idea, però non è ancora andata in porto. Vedremo. Ora vorrei concedermi una pausa di riflessione, per decidere del mio futuro».

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